La coscia di monaca
C'era una volta un re e una regina. Questo re si struggeva che la sua moglie non poteva far figlioli; e la regina si raccomandò tanto alla Madonna, che finalmente gli riescì d'aver questa grazia, e fece una bambina. Dunque questo re, tutto contento, 'un gli parea vero d'aver questa figliola; fece fare una torre alta alta, e perchè avea paura che gnene portasser via, la rinchiuse in questa torre con una donna.
C'era un figliolo di un re, che se n'era innamorato di questa ragazza, e 'un sapeva come fare perchè l'era rinchiusa; disse: - In tutte le maniere voglio vedere di vederla. - Prende i denari e si mette in cammino (perchè era distante dalla città dov'era questa regina). Cammina, cammina, finalmente si trovò in un bosco. In questo bosco ci trovò una vecchina: " Dite, maestra, mi sapreste dire come potrei fare a parlare alla figliola del re? " - "Badi, è molto difficile " - " Ma ditemi qualche cosa; voi qualche cosa 'un mi potete indicare? " - " Sentite ", la gli dice, " non c'è altro che fare una cosa: io vi darò una noce, e voi, quando sarete sotto la torre, la schiaccerete e allora penserete la cosa meglio per poterla vedere ".
E così fa lui; cammina, cammina, e arriva alla torre. Quando è lì, schiaccia la noce; pensa: - Come posso fare per vederla? Per andare lassù, sarà meglio che doventi un uccello, e possa tornare omo come mi pare. - E doventa un bello uccello, e vola all'inferriata della regina. La regina: " Oh! " fa alla donna, " che bello uccello! " - " Signorina, lo prenda " - " Se m'avvicino, scapperà, guai "; e per paura che gli dovesse scappare, non s'arrischiò a toccarlo. Si fece buio, e lui andiede via; quando fu in terra, ritornò come l'era prima. Il giorno dopo fa l'istessa cosa. " Ah! (la regina) guarda, guarda: l'è ritornato anch'oggi; mi voglio provare a dargli un po' di panìco ". E lui sempre fermo: " Guarda 'un iscappa! (ma aveva paura a toccarlo); se fo tanto d'avvicinarmi, va via ". Ecco che si fa buio, e, lui vola e ritorna un'altra volta giovanotto.
E costì si ritorna al terzo giorno, ed ecco che lui vola sulla sua inferriata' " Oh, oggi poi mi voglio provare a vedere se lo prendo! " Alla fine poi va, allunga la mano, e lo prende. " Ah! " Quando arriva là dentro, se lo lisciava, e lui stava fermo. Lei dunque manda a dire al su' babbo che gli mandi una gabbia di cristallo, che l'aveva acchiappato un bello uccello; e il babbo gliela manda. La sera, quando è andata a letto la regina, la gabbia se la messe in camera. Quando sente che la regina l'è addormentata, lui esce dalla su' gabbia, e diviene come l'era, e si mette a sedere accanto al suo letto e la guardava dormire. La regina si sveglia, e si vede un uomo accanto a il letto e stava per gridare. " Sta zitta, che io sono l'uccello". " L'uccello tu sei? " - " Sì, che io era innamorato di te; 'un mi riusciva trovarti "; e gli fa tutto il discorso. - " Per carità, ritorna uccello come t'eri. " - " No; io ti voglio bene, io ho fatto tutto questo per te ", e alla fine restò a discorrere con la ragazza; e lì si fece giorno, e lui ritornò nella sua gabbia.
Ecco che la mattina dice alla donna che lei vol mangiare sola in camera; e costì mangia assieme con il su' uccello. Ma il mangiare 'un gli bastava (perchè eran due), e mandò a dire che gli mandassero doppia porzione. Continuarono questa vita per diversi giorni. La donna la sentiva parlare sempre la notte; una mattina gli disse: " Altezza, la notte con chi la parla? " - " Con il mi' uccello ". Il re s'insospettì un pochino, andiede a domandare alla donna in che maniera la regina voleva doppia porzione, e voleva mangiare sola in camera. " Perchè è innamorata del su' uccello; un fa altro che parlare con il su' uccello; anche la notte la parla sempre con il su' uccello ". Allora il re s'insospettì: " Questa notte voglio vedere da me ". Ecco che la sera la regina la va a letto, l'uccello diventa giovanotto, e si sentono parlare. Il re va per andare nelle stanze della regina, e si ferma, e sente un chiacchierio; e lei, che sente romore: " Ah, per carità, doventa uccello! ". Lui nella furia per entrare in gabbia gli si rompe la gabbia e gli entrano tutti i vetri dentro. Ecco entra il re in camera. " Con chi parlavi? " - " Con il mi' uccello " - " Con il tu' uccello tu mangi doppia porzione, con il tu' uccello tu fai tutto; questo maledetto uccello te lo voglio levare! " Prende l'uccello e lo butta fori di finestra. L'uccello quando fu in terra, ritornò omo come prima, ma malato, perchè avea i vetri dentro in tutta la persona; e gli andiede a casa. Il padre tutto disperato nel vederlo in questa maniera, consultò tutti i medici, ma tutti gli dicevano che 'un c'era rimedio. Il padre disse che darebbe a chi gli guarisse il su' figliolo, se fusse un uomo una gran ricompensa, se fusse una donna glielo darebbe per isposo.
Lasciamo il malato, e torniamo alla regina. Ecco la regina con la sua donna: " Ah! poverino! chi lo sa cosa n'è stato! Voglio andarlo a trovare in tutte le maniere. Come si potrebbe fare? " Pensa, pensa. " Senti cosa si deve fare: si dirà al babbo che si vol far le maschere ". E così fecero sapere a il re che gli mandasse un vestiario da dottore e uno di servitore, perchè volean far le maschere. Il padre glieli mandò. - Contentiamola; l'è chiusa lassù! - La regina la si vestì da dottore, e la donna la si vestì da servitore.
Dice la donna: " Come si farà, signorina? c'è le guardie alla porta, 'un ci lasceranno passare ". - " Lascia fare: in qualche maniera si farà ". Ecco, quando furono alla porta, le guardie. - " 'Un si passa ". - " Sono il dottore " - " Il dottore 'un è entrato " - " Sì, sono andato, perchè è malata la regina ". Insomma le guardie si dicevano tra loro: " Ma che è passato? ". Rispondea quell'altro: " I' 'un l'ho veduto! chi sa! si sarà dormito. Lascialo passare ". Ecco che li lasciaron passare. Passano e son fori. Lei si era presa tutte le gioie e que'pochi danari che l'aveva. Dice la donna: " Signorina, ma dove si va? " - " 'Un pensare; vieni avanti, in qualche parte si troverà ", Cammina. cammina... Avea vendute tutte le su' gioie, avea finito tutti i su' quattrini, e 'un s'arrivava mai a un posto. Dice la donna: " Ma, signorina, io non posso andare più avanti; i' ho fame, sono stanca, io mi fermo ".'- " Oh per carità! vieni avanti, vieni avanti! ". Finalmente dopo, cammina, cammina, si trovorno in un bosco che l'era già notte, sentivano in lontananza come delle orazioni. Finalmente veggono de' lumicini, e vedono delle monache venire a due a due e dire il
rosario, perchétutti gli anni, quando ricorreva il santo del
convento, l'eraquesta l'usanza: prima dicevano le orazioni,
poi facevanouna gran cena. Dice la donna: " Per carità,
signorina, se ci scoprono, che si deve fare? " - " In qualche posto ci si nasconderà! ". Gira, gira; dopo tanto girare, trovano una querce vota, e ci si nascondono. Dopo avere detto le monache le sue orazioni, quelle vedono portare delle tavole vedono portare da mangiare, vedono portare de' fiaschi di vino, e le monache si metton tutte a mangiare. Una di queste dice alla madre badessa: " Madre badessa, tutti gli anni ci avete raccontato qualche fatto; quest'anno avete niente a raccontarci? " - " Avrei una cosa, ma questo è un segreto, 'un ve lo posso dire ". " Raccontatecelo, raccontatecelo! " " Prima guardate se c'è nessuno, ché nessuno senta ". E loro vanno a girare per tutto, e passano anche davanti a questa querce, e non le vedono; allora tutte contente Ecco la madre badessa comincia a raccontare: " Sentite: c'è il figliolo del re che è gravemente malato, che nessun medico lo può guarire; ma io lo so la medicina che ci vorrebbe. Ci vorrebbe una fetta della mia coscia, metterla in un tegamino e struggerla, e poi con quell'unto ungerlo tutto, e gli sortirebber tutti i vetri ". " Ah! senti! ". Dopo fatto questo racconto, aveano bevuto di molto le monachine, erano anche un pochino brille, e s'adormentorno. La prima a scappare dalla querce fu la
donna
Aspetti, signorina, vado a vedere se le dormon tutte ".
Andiede alla tavola e si fece una parte di mangiare,
si prese
bottiglie, si prese tutto quello che c'era. Quando ritornò:
Signorina, io ho bello e fatto, ora tocca a lei "
La regina la va lì prende un trinciante, alza la tonaca alla badessa, e gli taglia un bel pezzo di coscia, e subito battono il taccone.
Ecco che la regina si presenta (era vestita da dottore) a il palazzo del re: " lo sono quello che guarisco il figliolo; mi lascino andare in cucina ". Prende il tegame, mette la su' coscia nel tegame, e poi va e unge il re; unto che l'ebbe, al re gli uscì tutti i vetri; il re tornò in perfetta salute, e così si riconobbero e si sposarono.
Stretta è la foglia e larga la via:
Dite la vostra, che ho detto la mia.
Firenze.'
Varianti e Riscontri
Questa novella raccoglie circostanze che si trovano sparse in varie novelle. E, per esempio, frequente è quella del voto
che fanno un re e una regina per avere un figliolo o una figliola. Non meno. frequente il partito di chiuderla in una torre o in un palazzo appartato per evitare una disgrazia. Fiabe e canti popolari parlano di amanti convertiti in uccelli affine di andare alla finestra della bella. Nel Pappagaddu chi cunta tri cunti, n. Il delle mie Fiabe, uno di questi amanti, che il popolo siciliano direbbe meglio un innamorato, si converte, per virtù del demonio, in pappagallo, e volato sulla finestra d'una moglie, si fa chiudere in una gabbia d'argento, e seco lei rimane a tutto suo piacere. Se non che, è risaputo che il pappagallo nelle tradizioni orientali è la trasformazione degli amanti illeciti. Il fatto stesso della trasformazione del principe in uccello, il suo ritorno ad uomo, il commercio che egli ha durante la notte con la bella principessa richiamano alla favola di Giove che si converte in cigno per godersi la bella Leda; favola che si crede trasformata nella novella popolare che prende vari nomi in tutta Italia, ed è L'Acuia chi sona, e Lu Liuni d'oru in Sicilia (PiTRP_, XCV; GONZENBACH, 68); L'Argentolo in Toscana (DE GUBERNATIS, Nov. di S. Stefano, n. VI ec.); e forma la novella del Perchè si dice: E' fatto il becco all'oca, canto preso dal Mambriano del CIECO DA FEltRARA. (Vedi le Fiabe sicil., VOI. Il, pag. 316 e seg.). La seconda metà della nostra novella confronta intieramente con la seconda metà della Rosamarina e delle Palli magícbi, nn. XXXVII e XXXVIII delle Fiabe sicil.; con Il figliolo del re stregato del Monferrato, n. VIII del ComPARETTI (cfr. anche la LI); col tratt. V della giorn. II dei Cunto de li cunti, di cui ecco l'argomento: " Lo re di Starzalonga marita la figliola co 'no serpe; e scopierto ch'era 'no bello giovene, l'ardette la spoglia. Isso volenno rompere 'na vetrata pe' foire, sse rompe lo capo; nè trovanno remmedio, la figlia de lo re lassa la casa de lo patre, e 'ntiso da 'na vorpe lo secreto da sanare lo 'nnamorato, accide maliziosamente la vorpe, e co ' lo grasso ssujo e de varie aucielle, ontanno lo giovane feruto, ch'era figlio de lo prencepe le deventa marito ". si avvicina anche al tratt. II della gorn. II della stessa raccolta, e cfr. con The Pot of Marjoram, e con The Pot of Rue, nel Folk Lore of Rome della BUSK. In ambedue queste'novelle il re di Persía cadendo da una finestra si ferisce con cristallo, ed i pezzettíni di esso gli entrano nelle carni. La ragazza va a guarirlo ella stessa coi mezzi che udì necessari stando sopra un albero, a piè del quale un orco e un'orchessa si sono andati a ricoverare. La signora Busk cita a proposito una novella tirolese italiana: I due cavallari. Si legga anche l'altra novella tirolese Der goldbaarige Prinz in SCHNELLER, n. 21. Il conciliabolo delle monache è conciliabolo di demonii nelle mie Fiabe n. XXVI, in IMBRIANI. Nov. mil., nn. X e XXIV, in FINAMORE, nn. XIV e XXI, ecc.
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