Il beccuccio d'oro
Una volta c'era un re, che lasciò tre figlioli.
Al letto di morte diede il mazzo delle chiavi al maggiore, e gli disse che aprisse tutti gli usci del palazzo, meno di uno.
Il figliolo, tanto curioso, prese la chiave ed aprì anche quello; vidde una statua di una bellissima ragazza, che c'era scritto la città dov'era, che era la figlia del re di quella città. Questo giovane parte per vederla. Giunto in quella città, si presentò al re; ed il re gli disse: " Se non la troverai nel mio palazzo, avrai rapita la vita ". Lui cerca, cerca; un gli riuscì di trovarla e fu ammazzato.
L'altro fratello, curioso lo stesso, andò a cercare questa bellissima ragazza. Il re gli disse le medesime parole dell'altro; e fu ammazzato come il maggiore.
Il minore, curioso anche lui, volle andare in questa medesima stanza. Disse: - I miei fratelli, secondo me, sono stati ammazzati per trovare questa bellissima ragazza; se a me mi riesce, io non sarò ammazzato. - Prese con se tutti i danari, diede tutte le chiavi del palazzo al maestro di casa, ed anche gli lasciò il regno a somministrarlo. Prese il cammino, e se ne andò presso questa città.
Va dall'orefice che faceva le gioie a questa bella ragazza: " La senta: io la vorrei vedere questa ragazza, io la vorrei vedere; io gli darei tutto quello che lei mi chiede, se me la facesse vedere ".
Lui rispose che " non gliela posso far vedere, perché il re ha una statua; stando bene le gioie a quella statua stanno bene anche alla sua figlia. Gli fo sapere che questo re l'è un mago; chi non la trova, a tutti dà pena la testa. Ma quando lei mi promette tutti i danari che io gli chiederò, io prenderò un mezzo per fargliela vedere. Farò un beccuccio d'oro, tutto coperto di brillanti, una specie di capra. che voi c'entrerete dentro. Sappiate che la figliola del re è ammalata di malinconia. Domani venite, ché sarà bello e fatto, e andrete dove vi dirò ". Il giovane contento se ne tornò a casa.
Il giorno dopo andò subito dall'orefice. " Ecco ", gli dice l'orefice " il beccuccio bell'è fatto; noi dobbiamo andare presso il palazzo del re, e ci dobbiamo mettere a girare intorno intorno ". Si partono e vanno intorno al palazzo.
Il portiere, che vidde questo bell'animale passeggiare con l'orefice, disse " Guardi, Altezza, che bell'animale che ha il suo orefice! Quello sarebbe buono per darlo alla sua figlia per divertimento ".
Il re si affacciò e vidde quel bellissimo animale. Disse al maestro di casa: " Fallo salire ". L'orefice salì, e il maestro di casa lo portò su nella sala del re.
" Dimmi, orefice, come tu hai questo bell'animale? ".
Disse: " Questo animale si chiama beccuccio ".
" Che me lo daresti per mia figlia? Dimmi quello che tu vói; almeno tre giorni, perché sappi che tutto le rende noia di quello che vede ".
Disse l'orefice: " Tre giorni son troppi, perché il mio animale non mangia che il cibo che gli do io; gliene darò per ventiquattr'ore, se Vostra Altezza è contenta ".
Disse il re: " Sta bene "; ed allora l'orefice se ne andò Il re prese la spada dal fianco e la mise inalzata dicendo: " Beccuccio, vieni con me dove vado io ". Beccuccio gli andava dietro dietro.
Trovò un cancello di ferro, e disse: " Cancello, apriti! voglio vedere mia figlia ". Il cancello si aprì subito, e camminando da quell'altra sala, trovò una statua, e disse: " Statua, apriti, che voglio vedere mia figlia ". La statua si aprì, e prese Beccuccio e s'incamminò da sua figlia.
Disse:" Guarda, figlia, che bel regalo che ti ho portato per ventiquattr'ore! " La ragazza meravigliata risponde:
" Babbo, altro regalo non mi poteva portare che io fossi consolata cosi! "
La sera, facendosi notte, la ragazza prese Beccuccio e lo portò in camera sua. Quando fu entrata a letto, il giovane sortì dal beccuccio. La ragazza: " Oimè! questo non è un beccuccio, ma è un omo! Chi ti ha portato qua? ".
" Io sono entrato dentro a questo beccuccio per trovarla ", e tutta la notte stiedero in conversazione. Facendosi giorno, la ragazza sonò il campanello alla servitù, e disse: " Doppia colazione portatemi, perché sono stata troppo contenta ".
La servitù subito gli portò la colazione. Quando furono soli, la ragazza disse a questo giovane: " Statti attento a quello che dice mio padre, perché io sorto volentieri dalle sue mani. Vedi quante ragazze ho con me in conversazione.... quante dame di compagnia! Tanti uomini che sono venuti a chiedermi, che non mi hanno potuto trovare, li ha fatti morire questo mio padre. Sta' attento quanto dice alla statua, al cancello, fa' lo stesso te; poi quando mi avrai trovata, ti dirà: - Non l'hai avuta ancora vinta. - Tutte noialtre ci vestiremo di bianco, io sarò diversa dalle altre, avrò una rosa in testa e tu mi hai a toccare in una spalla, e mi hai a dire: Alzati, che tu siei mia sposa. Dopo ti dirà: - Non l'hai ancora vinta; - ci farà doventare tutte colombe, io avrò una penna d'oro in un'ala e l'altre no; tu hai a prendere la tua mazza e dire: Cara colomba, che tu siei mia sposa. Ti dirà: Non l'hai avuta ancora vinta.
Si doventerà tutte preti; le altre avranno le fibbie d'argento alle scarpe, ed io l'avrò di oro. Tu hai a dire: Alzati, che tu siei mia sposa. Allora lui ti chiederà che gli perdoni la vita; non la devi perdonare; devi prendere la spada che tu hai al fianco e tagliargli subito la testa. Altro non ho da dirti: statti attento a ciò che ti ho detto ".
Il padre sonò il campanello: segno che si dovea portar via Beccuccio. Lei fece rientrare dentro il beccuccio quel giovane, e non si seppe nulla. Dice il re alla figliola: " Che siei stata contenta? che ti siei divertita? ".
"Molto; non ci sarebbe altra consolazione nel mondo, che se io avessi sempre questo beccuccio! "
" Ma io bisogna che lo prenda, e lo riporti all'orefice che è giù che mi aspetta ".
Rispose la figlia: " Grazie, mio padre, di tutte queste gentilezze che mi avete fatto! "
Il re prese il beccuccio, se ne andò, e lo restituì all'orefice.
L'orefice lo prese, lo riportò a casa sua. Quando il giovane sortì dal beccuccio gli disse: " Siei stato contento che l'hai veduta? " - " Se son contento! L'ho veduta, e ci ho parlato, e mi ha insegnato del tutto come fare. Mi dica lei quanti danari che ha d'avere? "
" Siei contento? piglierò mille scudi ".
" Contentissimo; se più ne vole, più gliene darò! " Ecco che si presenta al re e gli dice: "Vorrei la sua figlia per isposa ".
" Volentieri gliela darò ", rispose il re, " ma deve fare una promessa, che le resterà dispiancente ".
Disse. " Tutto prometto, purché lei mi prometta la sua figlia per isposa ".
" Se in tempo otto giorni non la troverai dentro il mio
palazzo, giura sopra questa spada, che avrai in pena la testa! "
Allora il giovane contento e tranquillo giurò.
N'eran passati sette de' giorni, e questo giovane sempre passeggiava per il palazzo e per il giardino. Dice il re: "Cosa fate che non andate a cercare mia figlia? Il tempo
termina ".
"Basta che non siano passati otto giorni che io non abbia trovato sua figlia: ci vole molto poco, quando la è dentro il palazzo ".
L'ottavo giorno, la mattina si alzò e prese la spada che portava al fianco, andò a passeggiare per il palazzo indifferente; quando fu al cancello disse: " Cancello apriti; voglio veder la mia sposa ".
Disse il re: " Ancora non l'hai avuta vinta ".
Arriva alla statua, e dice: " Statua, io voglio veder la mia sposa ".
Il re disse: " Ancora non l'hai avuta vinta "; e lo portò nella sala dove stava la sua figlia con tutte le altre ragazze.
Doventarono tutte monache, meno che lei aveva una rosa in testa. Lui disse: " Alzati, che tu siei mia sposa ", e
lei si alzò.
Il re gli disse: " Non l'hai avuta ancora vinta "; e le fece doventare tutte colombe. Le altre avevano tutte le penne d'argento, e lei nell'ala ci aveva una penna d'oro. Disse " Abbassati, che tu siei mia sposa "; e lei si abbassò.
Il re gli disse: " Non l'hai avuta ancora vinta ". Allora le fece doventare tutte preti: le altre con le fibbie di argento, e lei d'oro.
Disse: " Alzati, tu siei mia sposa ".
" Perdono ", gli disse il re, " perdono e carità della mia vita! ".
Rispose lui al momento: " Non perdono vita, ché lei mi doveva tagliare la testa! "
Prese la spada, e taliò la testa al re. La infilò subito con la sua spada, perché altrimenti si sarebbe riattaccata con il corpo, la prese e la buttò in una sepoltura.
La figlia tutta contenta di vedere morto suo padre, che l'era stato un birbone, disse: " Andiamo a vedere nei libri magici di mio padre, quello che ci sarà scritto ".
C'era un libro, e diceva che c'era una pentola di balsamo, che avrebbe fatto resuscitare tutti i morti che aveva ammazzato il padre.
"Tutti fa' resuscitare ", dice la figlia, "meno le du' teste di mio padre e di mia madre; se tu facessi resuscitare loro, si morirebbe noi ".
Aprono una tomba, c'erano più di cento teste di persone. Quelle due da capo, riconobbe che erano de' suoi fratelli. A uno a uno li fece tutti resuscitare.
Disse la ragazza: " Vedi tu quante vittime sono state per me? non ci sarebbe stato altro che il tuo talento che l'avesse pensata così! ".
Da uno a uno, tutti gli raccontarono; ed era il medesimo fatto.
Il fratello maggiore gli disse: " Ma la figliola d'il re la darai a me per isposa? ".
Rispose: "No; ti darò
la prima donna che teneva appresso di sè; e ti cederò la
parte del mio patrimonio ".
Da uno ad uno diede a tutti in moglie le dame. Loro restarono lì nel palazzo del re, si sposarono, e doventarono regnanti.
Larga è la foglia, stretta la via, Dite la vostra, che ho detto la mia.
Terrine di Pratovecchio.'
Da una Teresina, serva di Terrine, in Val d'Arno superiore.
Varianti e riscontri
Se ne hanno versioni tanto popolari quanto letterarie. Tra le prime sono L'oca, n. 34 delle Fiabe mantovane del VISENTINI; L'Argentolo, n. VII delle Novelline di S. Stefano del DE GUBERNATIS; Tbe King of tbe assassins della Zoologícal Mytology dello stesso, II, pag. 35 (versione piemontese di Cappellanuova); L'Acula cbi sona, L'Acula d'oru e Lu re Fioravanti, nn. XCV e XCVI delle mie Fiabe sicil. (versioni Gerací-siculó" Borgetto e albanese di Palazzo Adriano); Vom goldnen Lówen, n. 68 de' Sícil Márcb. della CONZENBACH. Tra le seconde è la 2' della giorn. IX del Pecorone: "Arrighetto, figliuolo dell'imperatore, nascosto dentro un'aquila d'oro, entra in camera della figliuola del re d'Araona, e, fatto accordo con essa, la porta per mare in Alemagna ec. ". La storia perché si dice: L'è fatto il becco all'oca, canto II del Libro d'arme e d'amore nomato Mambriano composto per FR. CIEco da Ferrara. Questo episodío corre a parte in un libretto a stampa, del quale si hanno edizioni bolognesi, milanesi (alla Colotnba, e Tamburelli); e fu
anche narrato da ALOISE CINTIO DE' FABRI nella Origine de'
volgari proverbi sotto il titolo L'è fatto il becco all'oca (in ter-
za rima); dal MINUcci a proposito del cantare XI, st. 20 del Malmantile di L. Lippi; da DEF. SACCHI nelle sue Novelle e Racconti (Milano, 1836); da Pico LURI di VASSANO (Ludovico Passarini) ne' suoi Modi di dire proverbiali ec. Nell'Arcadia in Brenta di G. G. VACALERIO, giorn. III, si racconta di un giovane che non potendo per verun modo indurre a' suoi desiderio una giovane chiusa nel suo palazzo si fe' trasportare a lei da un uomo dentro una cassa da viaggio, e uscendone la notte potè divertirsi.
Le prove tentate dai tre fratelli richiamano alla prima parte della novella I, giorn. IV del Pecorone. L'ultíma condizione stabilita dal re, che la figlia venga riconosciuta in mezzo alle altre donzelle, richiama a circostanze consimili della fav. I, notte V dello STRAPAROLA. Vedi, del resto, le altre indicazioni date per l'Italia da me nelle Fiabe, vol. Il, pag. 316 e seg., e dal KBHLER, VOI. Il, de' Sicil. Márcb., pag. 246.
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