I pesci d'oro
C'era una volta un omo e una donna; un avevano figli, e facevano i locandieri: davano da mangiare. In questa locanda sapevano che ci doveva andare il figliolo d' il re. Lui 'un sapendo come si fare, 'un avendo figli, la vestì u'n pezzo da catasta tutto ingioiato, e lo messe alla finestra.
Passa il figliolo d' il re, e si innamora di questa ragazza, e la chiede alla su' mamma: e il giorno dopo dovea far lo sposalizio. La donna rimase: - 0 come debbo fare? gli ho promesso la mi' figliola; rimarrò punita; - perché non era una figlia, era un pezzo da catasta. C'era lì vicino una cisterna, dove c'eran le fate; s'apre la cisterna e ci casca dentro il pezzo da catasta, e le fate gli dicono: " Tu domani sappi che te devi essere sposa; la tu' mamma 'un ti poteva presentare così un pezzo da catasta; però noi ti facciamo doventare una bella ragazza, ma tu 'un devi mai parlare con lo sposo, infine tanto che 'un ti dicano:
Caterina, Caterinella,
Che cascaste nella cisterna,
Non vedeste né sole né stella;
Parlate voi, Caterina bella.
Tu' un gli devi parlare; se no, noi ti facciamo doventare un pezzo da catasta come t'eri prima ".
Dunque il figlio d' il re il giorno dopo va a far lo sposalizio. Alla madre la ragazza 'un gli parlava, perché aveva paura di ridoventare un pezzo da catasta come era prima. Va con tutto il suo seguito il figliolo d' il re, ed era tutto contento d'avere avuto una bella ragazza; ma la non parlava punto; tutti gli domandavano, ma lei non rispondeva,
si capisce.
La porta al palazzo, e la Granduchessa dice:
" T'hai sposato, gua'! t'hai sposato una muta! " Lui disperato la prese, e le messe in un'altra villa con tutte le su' persone di servizio; ma già si sa: di persone di servizio un aveva bisogno, perché avea fatato tutto: seggiole, tavolino, tutti parlavano. La messe lì, che 'un gli mancava niente; ma lui rimasto così solo ne volle sposare un'altra ragazza; andiede a casa, e ne sposò un'altra.
Quando l'ebbe bella e sposata, gli dice al servitore: " Andate e portategli i confetti alla muta, come per fargli vedere che io sono stato sposo ". Picchia il servitore, s'affaccia la seggiola, e la lucerna va a aprirgli: " Chi è? " " Sono il servitore d' il re ". - " E cosa volete? " - " Il re è stato sposo: ha mandato i confetti 'alla regina ". Lei, la muta, vien fori. " Che cosa gli debbo mandare di regalo io? Bene! (dice): Legna, spèzzati! Foco, accenditi! Padella, va sul foco! Olio, friggi! ". Quando ebbe preparato tutto, ci mette tutte e due le mani e fa dieci be' pesci d'oro, e gli dice: " Tenete, portate in regalo questo al re ". (La ragazza poteva parlare da sé da sé).
Il servitore va via tutto contento, e 'un gli pareva vero di raccontare la bella cosa che aveva veduto: essere tutto fatato! Torna dal re e gli dice: " Altezza, se lei vedesse! è tutto fatato; la seggiola si è affacciato e mi ha domandato che è; e la lucerna è venuta a aprirmi, e poi è venuta la regina: ha comandato che le legne le si spezzassero, che il foco s'accendesse, che la padella andasse sul foco, e che l'olio friggesse; e poi ha messo tutte e dieci le dita, e ha fatto questi dieci be' pesci d'oro ".
Quell'altra moglie, al veder questo, fu molto gelosa; la dice a' servitori: " Ebbene, spezzatemi le legna, accendetemi il foco, mettetemi la padella "; e poi quando l'olio fu ben bollente la messe tutte e dieci le dita, e ci rimase stecchita, perché lei 'un avea la bacchetta fatata.
Il re era cosi tutto disperato; nel veder questo, prende lo schioppo: - voglio andarla a ammazzare, - (a ammazzare quella che gli avea fatto morire la nova moglie). Picchia; s'affaccia il cassettone, e la granata l'andette a aprirgli, e gli domandò cosa volea. E lui gli disse: " Non c'è la regina? " E loro gli dissero a lui: " La non c'è "; ma tra sé tra sé le bisbigliavano dicendo: - Infin tanto che il padrone 'un gli dice:
Caterina, Caterinella,
Che cascaste nella cisterna,
Non vedeste né sole né stella;
Parlate voi, Caterina bella;
la signora non risponde. - Lui stiede tanto lì, e poi gli montò la rabbia, prese la strada, e se andiede via.
Dopo de' giorni, ritornò a sposare, e gli rimandò il medesimo regalo alla prima sposa. Il servitore picchia, s'af-
Faccia lo spazzolino, e la granata l'andiede a aprirgli, e gli dice:" Che volete? " - " C'è la regina? " - " Sì " -
" Il re ha sposato, e gli ha mandato il medesimo regalo ". Lei sorte fori e dice: " Cultello, apriti; cultello vien da me! ". Quando ebbe preso il cultello, si spara un braccio, e ti fa una bella matassa tutta d'oro; e dice: " Tenete: questo è il regalo che voi gli porterete per me ". Il servitore, come l'altra volta, tutto contento d'arrivare a casa, e di raccontare la bella cosa che avea visto, gli racconta al re: " Ha comandato a il cultello che s'aprisse, e poi ha detto: Cultello, vien da me. Quando ha avuto il cultello che è andato da lei, si è fatta questa matassa tutta d'oro. Vedesse, sor padrone, tutto fatato! ". Tutti rimasero. La moglie, lo stesso; gelosa che c'era questa bella matassa d'oro, e che aveva fatto a questo modo con il cultello, la disse: " Datemi un cultello anche a me, che lo voglio fare io quello che ha fatto questa donna ". Quando ebbe avuto il cultello, si sparò il braccio, e rimase stecchita.
Allora il re daccapo viene tutto a esser disperato, e dice: " Questa volta son risoluto di ammazzarla davvero! ". Prende lo schioppo e se ne va alla villa, e picchia: si affaccia il lume, e la cassetta la va a aprirgli; e dice; " Cosa. lei vole? " - " C'è la regina? " - " La non c'è "; ma tra sé tra sé bisbigliavano sempre, dicendo - Fintanto che il padrone non gli dice: -
Caterina, Caterinella,
Che cascaste nella cisterna,
Non vedeste né sole né stella,
Parlate voi, Caterina bella;
la regina non parla.
Dopo che fu stato un bel pezzo, gli scappò la pazienza, e se ne andiede via.
Dopo un'altra quindicina di giorni, lui risposò, e per il servitore gli rimandò i medesimi confetti alla muta. Il servitore tutto affannato, ché non gli pareva vero di vedere tutte quelle cose affatturate, picchiò; s'affacciò l'ombrello, e il tavolino andiede a aprirgli. " Chi vo' volete? " - " Voglio la regina, perché il re ha sposato, e gli ha mandato il regalo ". Lei vien fori, e dice: " Legna spèzzatí! Legna, va in forno! Forno, scàldati! ". Quando fu bello e scaldato il forno, lei entra dentro, e gli fa tutta una forma d'oro, quanto era lunga lei. Il servitore tutto contento arriva a il palazzo, gli dice: " Caro signor re, questo è meglio di quelli altri, questo regalo; e poi vedesse! La regina ha comandato che le legna le si spezzassero, che il forno si scaldasse; quando è stato scaldato il forno, è entrata dentro, e ha fatta tutta la su' forma d'oro ". Quell'altra regina, essendo gelosa, comandò a il servitore che gli spezzasse la legna, e che scaldasse il forno. Quando il forno fu ben caldo, entrò dentro, e ci rimase stecchita. Sfido io!
Il re che era così tutto disperato, dicendo: " Questa volta la voglio ammazzare davvero! " prende lo schioppo, e va alla villa. S'affaccia il lavamane, e la catinella la va a aprirgli dicendo: " Che vole lei? " - " Voglio la regina ". E loro gli risposero: " Non c'è ", ma il re si trattenne di molto, e in questo mentre che lui si tratteneva, tanto il tavolino, che la lucerna, che lo spazzolino, discorrevano da sé da sé e dicevano: - Infin tanto che non gli dice:
Caterina, Caterinella,
Che cascaste nella cisterna,
Non vedeste né sole né stella;
Parlate voi, Caterina bella;
la regina non parla. -
Lui questa volta stiede molto attento sentendo dir questo e dice:
Caterina, Caterinella,
Che cascaste nella cisterna,
Non vedeste né sole né stella;
Parlate voi, Caterina bella;
Allora la regina saltò fori, e parlò, e re e regina si abbracciarono, e rifecero alla loro maniera lo sposalizio.
E Il se ne stettero, lì se ne godettero,
A me nulla mi dettero:
No, mi dettero un calcio in un ginocchio,
Mi fecero uscire tre fagioli dall'occhio.
Borgo San Lorenzo.'
Da una sposa chiamata Maria, del Borgo San Lorenzo, la terra più importante del Mugello, a quindici miglia da Firenze.
Varianti e Riscontri
Fior di cammino (Pratovecchio). - Una figliuola del re ebbe un bambino, che era però una bambola di pasta. La pigionale la porta al re; le fate la stregano, e il figliuolo del re sposa la ragazza.
In una versione dello stesso Pratovecchio intitolata Il Sarto, invece d'un pezzo da catasta abbiamo una bambola di pasta che va nel pozzo delle fate, le quali le danno quella tale virtù. ' Come si rivela dal titolo: Tbe Woman of Paste, anche una donna di pasta è nei Tuscan Faíry Tales, n. IV, ove la sposa legittima, tenuta in disparte perchè muta, manda successivamente al re sposo, in contraccambio dei suoi regali: l' pesci fritti e agitati con le proprie mani nella padella bollente; 2' un pasticcio che essa piglia da sè entro il forno; 3' un anello, che essa trae da un dito mignolello, il qual dito ella taglia e getta in mare. Anche qui le tre altre spose del re, imitanti la donna fatata di pasta, muoiono.
La medesima frittiira è nella Testa di bulala, n. XXXVII delle Sessanta Novelle mont. Del Nerucci.
Il Sole di Pisa, n. XLV delle Novelline del COMPARETTI, è una variante della presente novella; e così la Favetta delle Fiabe abruzzesi del DE NINO, n. 1, ove però il principio è un po' differente; Von der Tocbter der Sonne, n. 27 de' Sicil. Márchen della GONZENBACH, dà a credere a una pigionale aver fatto col figliuolo e La Fata muta, n. LXVII delle mie Fiabe siciliane.
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