La vacchina
C'era una volta un vedovo con una bambina, e la mandava a scola. La maestra di questa bambina s'innamorò d'il suo babbo, ma 'un s'arrischiava a dirglielo. Un giorno lo mandò a chiamare per la sua bambina, ma la bambina non gliene disse nulla. Un altro giorno fece lo stesso, ma la bambina l'imbasciata 'un gliela faceva mai al babbo; sicché la maestra la castigò. Il giorno dopo la bambina 'un voleva ritornare a scola: aveva paura, gua'. Il babbo gli domandò il motivo, e la bambina 'un glielo volse dire. La prese per la mano e l'accompagnò da sé; e alla maestra gli domandò il motivo perché la bambina non voleva ritornare a scola. La maestra gli spiegò che ogni mattina gli mandava l'imbasciata, e la bambina 'un gliela faceva, e perciò l'aveva castigata. Allora il babbo gli disse: " Ditemela da voi ". La maestra gli fece la dichiarazione.... e che avrebbe volsuto molto bene alla bambina.
Il babbo della bambina non ebbe nulla a ridire, e sposò la maestra. Tempo un anno la fece un'altra bimba, e voleva più bene alla sua, e a quella non gli voleva più bene. Suo padre aveva delle bestie nella stalla, avea delle vacche, e la mandava tutto il giorno al bosco a badare le vacchine con molto lavoro e poco mangiare.
Il secondo giorno la matrigna gli diede quattro libbre di stoppa da filare, e se la sera 'un l'aveva filata tutta, andava a letto senza cena, e legnate. La bambina s'affaticò molto, e di quattro libbre ne filò un terzo, e la sera tornò a casa 'un avendola finita; e qui legnate a morte, e a letto senza cena. Il terzo giorno gliene diede dieci libbre. La bambina nel giorno 'un cominciò neppure a filare, e stiede tutto il giorno a piangere; quando fu la sera, 'un voleva ritornare neppure a casa dalla paura; sempre continuava a piangere. Ecco che gli apparve una vecchina fata, e gli disse: " Che tu hai che tu piangi? " E lei gli raccontò il motivo. Gli disse la vecchina: " Grulla, 'un ci pensare; va' laggiù dalla tua vacchina, e gli devi dire:
Vacca, mi' vacca
Filami quest'accía;
Con le corna annaspa
E con le zampe tira su.
Nel tempo che ti fila questa stoppa, te fagli un fascio d'erba, e dagliela, che si possa satollare ".
La bambina se ne tornò a casa tutta contenta con il lavoro bello e fatto.
La matrigna rimase nel vedere che lei l'aveva tutta finita; 'un si levò però di capo che non ci avesse qualche aiuto, e il quarto giorno gli mandò la su' figliola dietro, per vedere chi l'aiutava a lavorare, e gliene rese libbre quindici, che la poverina durava fatica a portarle.
La bambina tutto il giorno- dietro abbadava per vedere chi l'aiutava a filarla. Questa ragazzina 'un si voleva far vedere che gliela filasse la vacchina, per via che non facesse la spia alla mamma: pensò di farla camminare di molto per farla stancare, per vedere se si addormentava, e far filare alla vacchina. Finalmente la bambina si posò e si addormentò.
La ragazzina andò dalla sua vacchina, e si fece filare lastoppa.
Era l'ora che tornassero a casa; tornando a casa, non poté dire nulla alla mamma chi l'aiutasse la sorella a filare, perché in un'ora e non più che la si era addormentata, la vacchina l'aveva bella e filata.
La matrigna non potiede saper nulla, e picchiò la sua figliola, e gli diede ordine che il giorno dopo dovesse stare attenta, e non si fusse mai addormentata.
Il giorno dopo gliene diede venti libbre della stoppa, e gli diede ordine che l'avesse badato bene, che quando tornasse a casa fosse finita.
In tutto il giorno la bambina non si addormentò mai; sonorno le ventitrè, e gli toccò ad andare dalla vacchina a farsi filare; e la bambina la vedde. Arrivò dalla mamma e glielo raccontò subito. Ecco che la mamma si mise malata (ed era anco incinta) dicendo al suo marito che l'avesse ammazzato la vacchina, ché la voleva mangiare.
Il marito gli dispiacque, ma 'un potette negarglielo; l'ammazzò la vacchina. Figurarsi la su' figliola quant'era dispiacente che sentiva che s'ammazzava la vacchina; piangeva. Gli apparve la medesima vecchia fata, e gli disse:
" 'Un piangere: vedrai che stasera mangeranno a tavola la carne della tua vacchina; te non ti metteranno a tavola, vedrai; tu ti metterai sotto la tavola e raccatterai tutti gli ossi che butteranno via, e poi senza indugiare, anche al buio, piglia una zappettina, fa' una buca nel giardino, e sotterrali, perché la matrigna 'un l'ha fatto perché aveva male; l'ha fatto per via di te ".
La mattina la bambina s'alza: dove aveva sotterrato gli ossi, c'era un bel melograno, che aveva delle mele belle e mature. Passava il re che tornava da caccia; essendo d'inverno, vedendo quelle belle mele, gliene chiese un panierino. La matrigna subito va per córle, ma il melograno s'alzava che non le poteva arrivare. Chiamò allora il marito; il melo si alzò più d'assai, e chi si accostava, a tutti faceva il medesimo. Allora venne la ragazzina che ci aveva sotterrato gli ossi; il melograno si abbassò di molto: 'un c'era bisogno di montare neppure per la scala, e la glíene colse un bel panierino.
Il re, vedendo questa bella ragazzina che aveva questa virtù, la sposò; e la su' matrigna dalla passione la crepò.
Se ne godiedero, e se ne stiedero, A me nulla mi diedero.
Pratovecchio.
Varianti e Riscontri
l. LE FATE (Pávana). - In questa variante di Pávana, presso Porretta al confine bolognese, la matrigna, che manda la figliastra a pascolare le vacche, le dà tre libbre di stoppa a filare, e tre minuzzoli di pane per isfamarsi. La poverina comincia a piangere, e le appare un vecchio con un minuzzolo di pane anche lui; i quattro minuzzolí son messi ad immollare in una pozzetta d'acqua, e gonfiano in modo che ragazza e vecchio possono sfamarsí amendue; e la stoppa vien filata dalla vacca....
2. I GATTI (Pratoveccbio). - Un vedovo, che ha una figliuola unica, riprende moglie, la quale ha una figliuola unica anche lei; e manda la figliastra a far legna. La ragazza capita nel palazzo de' gatti, con le scale di vetro; e visto che essi lavorano quale a scopare, quale a rigovernare i piatti, li aiuta. Messasi a pettinarne alcuni, dice trovar loro in capo perle. "E perle avrai! " rispondono essi; e alla ragazza piovono perle dal capo, mentre il capo-gatto la fa rivestire di bellissimi abiti, e la riempie di doni. Così la novellina prosegue conìe la prima delle Novelline del DE GUBERNA'rlS, La bella e la brutta, che è una fusione della Vaccbina e dei Gatti.
Altre versioni toscane abbiamo nella Novellaia fiorentina, nn. XIV e XV: La bella Caterina e La bella e la brutta, e n. XIII: Il Luccio, al quale segue El Sidelin, vers. milanese. Nína la stella e Betta '1 codon, nella Vigilia di Pasqua di Ceppo del GRADI, è una variante anch'essa toscana, e così pure quella riassunta nella Zoologícal Mythology del DE GUBERNATIS, Il, 62; Le Fate, p. 409, del CORAZZINI; The Little Convent of Cats, di Colle di Val d'Elsa, e Tbe Fairies' Sieve, di Barga nella Garfagnana, nn. I e Il dei Tuscan Fairy Tales. Si cfr. con Il Cestello, di Jesí, n. XXXI, del COMPARETTI; con Lu cuscinille, n. XVIII, del DE NINO; con Le tre fate, III, 10, del BASILE; con il Cantu di li musceddi, di Maglie del PELLIZZARI, p. 37, dove però la ragazza fortunata aiuta i micini a' servigi di casa, e la sorellastra no; con Li dui soru e La mammadraa, nn. LXII e LXIII delle mie Fiabe. In Bologna la CORONEDI-BERTI ne raccolse una versione col titolo La fola dèl sdaz, n. IX della seconda edizione delle sue Novelle. Il BFRNONI, n. XIX delle Fiabe, ne diede una vers. veneziana: La putela dai quatro oci, ed un'altra che ha il medesimo fondo nelle Tradizioni' pop.
- veneziane:I cinque brazzi de tela;
una tirolese lo SCHNELLER,
n. 8 Die zwei Scbwestern, che ha molti punti di rassomiglianza con Die Gescbichte von den zwei Scbwestern, n. 7; e con Le due sorelle, p. 14, delle Fiabe e Leggende della valle di Rendena nel Trentino, del dott. N. BOLOGNINI.
Per la matrigna che perfidia a danno della figliastra, cfr. GONZENBACH, nn. 2, 3, 4 e a pag. 45 vol. II, e i nn. XLI, LVII delle Fiabe siciliane, come il LXX e varianti per il desiderio della matrigna di sbarazzarsi della vacchina, desiderio che è in una madre, la quale tradisce il figliuolo per amor d'un ciclopo. La potenza della ragazza, di preferenza ad altre persone, nel far abbassare il melograno a piacere dei re, è comunissima nella novellistica, dove la terza sorella fatata rompe qualunque incanto.
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