La locandiera di Parigi
C'era una volta una locandiera in Parigi: era lei e una figlia unica. Siccome questa locandiera l'era bella, ma di molto, e l'era coltivata da tutti i signori di Parigi, e crescendo la figlia la veniva più bella della mamma; tutti guardavano la figliola, e no la mamma. La mamma s'ingelosì della figliola, e pensò di mandarla ammazzare. La chiamò un servitore, la gli dice: " Se tu l'ammazzi, ti darò il pane a vita ". Il servitore gli promette di far tutto che gli
diceva la padrona.
Essendo a cena la sera, la mamma gli dice alla figliola che doveva andare un po' dalla su' nonna, che era un pezzo che gliela chiedeva. La figliola gli fece: " Come mai, in sedici anni 'un mi ha detto mai che ci avessi la nonna insino ad ora? ". - " Perché 'un volevo che ci andassi insino ad ora; ma ora è tanto che mi scrive, 'un posso far a meno di 'un ti ci mandare ".' Allora la ragazza rispose: " I' farò l'ubbidienza ".
Dunque, decisa di andare, partì la mattina di bon'ora. La mamma la chiama il servitore, e gli dice che lui gli deve portare per mostra la sottana che portava addosso la figliola, e tutti gli interiori di dentro, fegato e polmone. Lui rispose che avrebbe fatto tutto quello che gli comandava.
Partinno la mattina di bon'ora, e camminonno tutta la giornata sempre per boschi folti. Quando furono vicino a sera, la gli domandò dove la menava; e lui cacciò un forte respiro.
Allora gli rispose la ragazza: " Che c'è qualche tradimento? Parlami sincero, chè io son disposta volentieri a morire ".
" Pur troppo, la mia padroncina! Su' madre mi ha comandato che io la debbo ammazzare, e che gli porti la soltana con tutti gli interiori ".
" Fai l'ubbídienza; ubbidirai mia madre, che io moio volentieri ".
" Questo 'un lo farò mai ", rispose il servitore; " piuttosto morirò io, ma lei 'un deve morire; camminiamo un altro poco ".
N'il camminare videro una capanna dove c'erano du' pecorai; si accostonno. e gli domandonno l'albergo.
" Volentieri ", gli risposero, " ma questo 'un è albergo per loro; noi siamo in questa capanna; 'un c'è letto, 'un c'è nulla, ma se poi vogliono stare, noialtri si accetta volentieri ".
Accettonno di bon core. Quando si fu fatto giorno, la mattina gli chiesero un agnello a questi pecorai. " Noialtri vi si paga che cosa costa, e vi si rende tutta la carne, altro che si piglia gli interiori di dentro ".
Aquesti pastori 'un gli parse vero di pigliare i quattrini e la carne.
L'ammazzò, rivoltò ogni cosa nella gonnella di questa citta, e lui la raccomanda a questi pecorai che l'avrebbe lasciata costì per un poco di tempo. Gli lasciò un poco di denaro, ma poco, e partì.
Finchè gli durò il danaro, la stiede discretamente, poi un si poteva adattare a' cibi di questi pastori. Era fatta che 'un si reggeva più in piedi! A questi pastori dispiaceva di molto a vedere questa citta patire così, e gli dissero: " Signorina, lei 'un ci po' stare così con noi, perché mori-
rebbe presto ". - " Dio lo volessi che morissi, almeno finirei dal patire! ". - " Vede Ella, signorina, laggiù quel palazzo? Là ci sta ventiquattro assassini. Sono iti via stamattina; sono andati via tutti, e staranno quindici giorni a tornare. Lei deve andar laggiù, e far tutte le faccende di casa; la vedrà, quando tornano, 'un la molesteranno, perché non ci hanno donne e avranno piacere che gli sian fatte le faccende ". - " Anderò volentieri, tanto in un posto devo' morire ".
E lei se ne andette laggiù a questo palazzo, aprì l'uscio, entrò su. Trovando tutta la casa scompigliata, e' si messe a ravviar la casa; 'un si riconosceva più che fosse quella! Quando la fu a il giorno che credeva che potessero tornare, la preparò una bonissima cena; e poi apparecchiò per ventiquattro. Quando fu all'un'or di notte' la sentì aprir la porta, e lei dalla gran paura si ripose nello stanzino dove
tenevano le legna.
Dunque questi entronno in casa, e dissero: " Qui c'è stato gente ", e frugarono dapertutto per vedere se c'era nissuno, ma nello stanzino lì 'un ci andettero. La cena, ne fecero mangiare qualcosa a' cani per paura che ci fosse veleno.
" E' stato qualche benefattore ", risposero gli assassini,
" che ci ha fatto questa beltà! ".
Il capo assassino disse: " Porta qua le legna, che il foco si rispenge ".
Quello va per pigliare le legna, e sopra un fastello c'era questa povera ragazza (le legna 'un venivano, c'era lei
sopra).
" Porta qua un lume ", rispose a un altro, " chè qua c'è robba ".
Portando il lume, questa povera citta si svenne dalla paura. Allora corsero gli assassini, e dissero: " 'Un abbia timore di noi, chè noialtri 'un si farà mal di niente ".
Il capo assassino diede gli ordini agli altri che il primo che avesse molestato a questa citta gli avrebbe tagliato la testa; e dicevano di non essere degni di avere un angiolo di quella sorta in casa sua!
L'erano scorsi tre mesi che lei abitava in questo palazzo, e ci stava molto volentieri. Un giorno sentì bussare alla porta, che 'un vedeva mai, 'un aveva mai visto nissuno altro che gli assassini. Vedendo una vecchia, discese di fretta, gli aprì la porta, e la portò in casa.
Quando fu in casa, la gli disse: " Da dove siei, bona vecchia? " - " Son di Parigi ".
La gli domandò diverse persone di Parigi: di tutte gli diede relazioni questa vecchia ('un gli disse mai la citta: son di Parigi anch'io). La gli fece la limosina, e gli disse: " Tornaci qualche altra volta, bona vecchia, chè io sono sempre sola in questo palazzo; 'un mi par vero di vedere qualcheduno ". La vecchia gli promesse di tornarci, e partì. Tornando a Parigi, la vecchia la va cercando la limosina per Parigi, e bussa alla porta della locandiera.
Gli apre questa signora; gli chiede la limosina, e lei si mette a guardarla così fisso. La signora gli domanda alla vecchia: " In qual maniera la guarda così?... che ho qualche redicolezza? ".
" No signora, io gli posso dire che ho visto in una foresta una citta che è uguale a lei, altro che lei è più d'età; ha un neo in una gota come lei..., ha il discorrere..., e m'ha pregato che ci torni presto ".
Allora rimase la signora n'il sentire che aveva visto questa citta. La gli rispose: " Se a te ti basta l'anima ammazzarla, io ti do il pane a vita ". - " Ah... lo farò volentieri "; rispose la vecchia. - " Ma fallo presto " " Subito, anderò uno di questi giorni ".
La vecchia si parte, e piglia uno stiletto, e se lo mette in tasca; e, cammina, cammina, ci arrivò di bon'ora che ancora la signorina 'un era scesa di camera: era su che si pettinava. Tira la corda e la fa entrare. Essendo in camera, la gli disse questa vecchia: " Oh signorina, la si pettina; io la voglio pettinare all'usanza che l'è a Parigi ".
La gli rispose la signora: " 'Un m'importa, perché son sempre in una foresta, farmi pettinare alla moda; mi pettino sempre in una maniera ". Poi, prega prega, la convinse a farsi pettinare. Mentre che la pettinava, si cavò lo stiletto che aveva in tasca, e glielo infilò n'il cervello. Sta povera citta s'appoggiò così a un tavolino che c'era, e la vecchia la trottò via.
Ora lasciamo la citta, e torniamo agli assassini che tornonno, e 'un ci trovonno più la citta. E' dissero: " 'Un eramo degni noialtri; si sapeva che ci doveva durar poco questo tesoro per casa! ". Andorno per tutte le stanze, la trovonno morta in camera.
Il capo assassino si vestì da signore, e andette alla città ('un mi ricordo ora la città che l'era) e fece far due casse, una d'oro e una d'argento, e tutti gli assassini la sotterronno in mezzo a un bosco.
Un giorno il re di questa città andette a caccia: i cani sentirono il sito di morto, e si messero a raspare con le gambe. Il re va a vedere, credendo che fosse un tesoro, e fece cavare queste casse. L'apre una, e vede che c'è questa bella citta. La fece portar in camera sua, che 'un avesse visto nissuno. Era lui e la mamma solamente, e non altri in casa; e tutti i giorni la stava a adorarla questa bella citta. Lui 'un mangiava, lui 'un andava più a caccia, a nessun divertimento; era fatto pallido! Sua madre gli domandò in che maniera 'un andava più a nessuni divertimenti, e gli pareva piuttosto che avesse a morire anche lui dalla passione.
Allora alla su' mamma gli ebbe a promettere di andare un giorno a caccia, ma bensì che 'un ci fosse andato nissuno in camera sua.
Quando fu andato via, la regina chiamò la cameriera, e disse: " S'anderà a vedere cosa ha in camera il mio figliolo ".
Aprirono un armadio, e vedono queste casse (una dentro l'altra l'avevano messe); aprirno e veddono questa bella' citta.
" Ha ragione il mi' figliolo ", la disse la regina, " di sospirare! ".
Rispose la cameriera: " Oh signora padrona, si ha apettinare un po' ".
" Ti par'eglí! Se lo scoprisse il mio figliolo! 'Un vole che si sappia ".
" Oh signora padrona, 'un dirà niente; 'un vede com'è
arruffata! ".
La cavorno, e la messero in una sieda. La cameriera prese il pettine, e si mise a pettinare; ma il pettine 'un passava, perché ci aveva lasciato lo stiletto quella vecchiaccia.
" Oh signora, guardiamo un po' cosa ci ha quassù? " E trovò questo stiletto.
" Oh sora padrona, la guardi cosa ci ha! io glielo voglio levare ".
" Oh Dio! " fa la citta quando gli fu cavato lo stiletto. " Oh Dio quanto ho dormito. Oh Dio, che torneranno e non ho fatto niente! " (credeva sempre di essere con gli assassini, lei).
" No no, 'un si prenda pena, è stato fatto tutto ". La portano in un bravo letto, e gli danno costì i ristorativi.
Ecco che torna il re da caccia, e va subito in camera, e 'un ci trova più la citta. Allora chiama la mamma, e gli
domanda chi è stato in camera sua. La dice: "Vieni a vede', figliolo mio; io ci son stata ". Allora la trova risuscitata, gua'; e gli domanda chi l'era.
E lei gli fa tutto il racconto, che l'era la figliola della locandiera di Parigi, che per la gelosia la su' mamma l'aveva mandata ammazzare; che l'era in questo palazzo con gli assassini, e che quella vecchia l'aveva incantata.
" Allora ", rispose il re, " si deve andare subito a Parigi a ritrovare la tu' madre, e questa vecchia ".
Montonno in carrozza, e via. Arrivati a Parigi, andettero subito alla locanda. Appena che furono entrati in casa veddono una vecchia a '1 foco a scaldarsi che tremava. Lei la riconobbe subito; e il servitore che l'aveva menata alla morte lo riconobbe pure. Lei si fece conoscer allora a lui.
Il re disse: " Che castigo gli voi dare alla tu mamma? ".
" In prigione sino che voglio io; e la vecchia, bruciata in mezzo di piazza, con un bel vestito di pece ".
Il servitore lo preseno con seco.
Rinnovonno le nozze e un bel convito:
A me toccò un bel topo arrostito.
Pratovecchio.'
Varianti e Riscontri
LA CAVALLINA DI BRONZO (Livorno). - Una ballerina fa ammazzare la figliuola, perché sa dallo specchio che essa è più bella di lei. Il servitore la espone invece in un panierino d'oro; passa una fata e la raccatta. La ballerina, saputo che la figliuola è ancora viva, le manda una fattucchiera, lá quale la fa diventare una statua. Chiusa in una cavallina di bronzo la trova il figliuolo del re, e scopertala quella che era, una bella ragazza, la fa sua sposa.
Altre varianti toscane della nostra novella sono: Il re che andava a caccia, e La Bella Ostessina, nella Nov. fior. dell'IMBRIANi, nn. XV e XXV; e sec. ediz., nn. XVIII e XIX; La crudel matrigna, delle Novelle di S. Stefano, del DE GUBERNATIS, n. XII; La scatola di cristallo, nov. pop. senese, raccolta da me (Palermo, 1875); La bella Venezia, n. L delle Fiabe abruzzesi del DE NINO. In Sicilia esce sotto i titoli: La 'nfanti Margarita (Palermo); Specchiu mè billissimu (Palermo); La Inlanti Lisabbella (Bagheria); La Riggina 'ntra li spini (PolizziGenerosa); vedi le mie Fiabe n. LVII. Nella 'Nfanti Margarítal. la madre interroga lo specchio:
Specchiu mè ritunnu,
Cu'è cchiù bedda di mia a lu munnu?
E lo specchio risponde in favore della figliuola di lei:
Cc'è lu suli, cc'è la luna, Cc'è la 'nfanti Margarita.
Nella Lisabbella:
- Bellu, mio bellu specchiu,
Cchiù bella di mia cu'cc'è?
- Cc'è la 'nfanti Lisabbella,
Ch'è cchiù bella di te. -
Nelle Palli magichi, n. XXXVIII, un re, non meno vanitoso e geloso, domanda:
Specchíu beddu miu giucunnu,
Dimmi, cu'cc'è cchiù beddu di mia a lu munnu?
E lo specchio:
Zittiti re.
Ca cci sarrà cchiù beddu di te.
Altri riscontri siciliani sono la intiera novella Maria, die Bóse Stiefmutter und die sieben Rauber, e la prima metà delle novelle Von Maruzzedda e Von der scbónen Antia, nn. 2, 3, 4 de> Sicil. Márchen della GONZENBACH. Cfr. pure con la Fola del Mercant, n. XIIIdelle Nov. pop. bol. della CORONEDI-
BERTI, e sec. edíz., n. 1; con L'ostessa, n. 28 del VISENTINI;
con Die drei Scbwestern, n. 23 dei Márchen und Sagen aus
Wálscbtirol dello SCHNELLER.
Gl'íncantamenti per abiti sono pure nell'Ermenegilda e Cupido, novella toscana da me pubblicata nell'Archivio per le tradizioni pop., vol. Il, pp. 157-166.
Riscontri parziali si hanno nella LVIII delle Fiabe siciliane, nel tratt. 5, giorn. V del Cunto de li cunti ec.
Per altri riscontri europei veggasi la nota di KÓHLER, a' nn. 2, 3, 4, de' Sicil. Márchen.
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