Il negromante



C'era una volta un re. Questo re aveva una figliola; e gli voleva dar marito a questa figliola, perché lui l'era vecchio, e diceva: - Alla morte mia i popoli 'un vorranno essere governati da una donna! -
Lo dice alla sua figliola; ma lei 'un vole marito. Allora fa spedire i ritratti di tutti i principi, baroni, regnanti; che li spedissero a questo re per vedere quale gli piaceva; e lei li guarda; 'un gliene piaceva punti. Tutto disperato, fa una gran festa, che la duri tre mesi; e manda a dire a tutti li regnanti che venissero a quella festa. Lui dice dentro di sé: - Ora vedendoli in viso, bisogna che qualcheduno gli piaccia! -
Eccoti tutti questi regnanti, principi a questa gran festa, e tutti si presentano alla regina a dire se la vuol ballare. Qualunque gli si presentasse, lei 'un voleva ballare con nessuno. Suo padre la chiama da una parte: " Dunque 'un voi ballare con nessuno? mi fai scomparire così? ". La rimprovera. Lei la gli dice che quando gli si presentasse qualcheduno, l'accetterebbe. E viene un signore, un bel signore, e lì si leva il cappello come si farebbe in una sala, e va da questa regina, e dice: " Se la si compiace di ballare? ".
E lei l'accetta e ballano; e quando c'è la coppia dei fidanzati, tutti quegli altri signori e signore dicono: " Viva gli sposi! " (si fanno conoscere che sono tutti contenti). Sicchè il re chiama questo signore, e gli dice: " Io 'un ho l'onore di conoscervi; in questa società 'un vi ho mai visto ". E lui gli risponde: " Sono il Re de' Reali di Francia; se volete fare a chi ha le carrozze più belle, si può fare " - " Facciamo ". Il babbo della regina l'aveva inargentate, e quello l'aveva indorate; il babbo della regina l'aveva d'argento, e quello d'oro; e sempre più belle quelle del Re de' Reali di Francia.
Il giorno dello sposalizio c'era un gran seguito di carrozze con tutti i signori e conoscenze della regina. Andonno a sposarsi sempre con il seguito delle carrozze dietro. Dopo un poco, la regina si affaccia allo sportello della carrozza, e 'un vede più il seguito, altro che la carrozza di su' padre, e quella dello sposo. Lei la gli dice: " Come mai 'un c'è più questo gran seguito di carrozze? " - " Sappi " dice lui, " che tra poco sparirà anche quella di tuo padre; sappi che te non sei maritata al Re de' Reali di Francia: tu sei maritata al negromante ". Lei la s'impaurisce! - Guarda, - dice dentro di sé se non era meglio che avessi dato retta al mi' babbo! E lui gli dice: " Se tu voi che tu un sia mia sposa, ci vole sette fratelli che abbino un mestiere disuguale "; e la porta in cima a una torre. C'era un uscio infocato a questa torre, e doveva passare di lì, e passò; e a lei la lega al letto per via che non scappasse; e lui va a dormire. - Su' padre, che non pensava più alla figliola, dopo s'ammala, e pensava sempre poi alla su' figliola. L'aveva una colomba; con questa colomba lui ci ragionava e gli dice: " Vai fori, guarda se tu mi porti le novità della mi' figlia ".
Questa povera colomba va via; cammina, cammina, la si posa su questa torre, e la figliola era lì legata a un letto.' La vede questa colomba, la dice: - Che non sia la colombina d'il babbo?... - Lei la chiama, e gli dice se l'era la colomba d'il su' babbo. Lei gli dice: " Si, mi ha mandato a sentire le novità tue ". E lei la gli dice: " Come ho a fare! non ho né penna, né nulla. Scendi un pochino più basso presso di me ". La colomba la scende, e gli dice: " Levami dalla mia alia una penna ". E lei gliela leva. " Ora come ho a fare? mi manca la carta e il calamaio " " Strappati un pezzo del tuo grembiule bianco " - " Ora come debbo fare? non ho calamaio, non posso scrivere " - " Bucati un braccio. Scrivimi le cose che tu voi scrivere ". Lei la gli scrive: " Io 'un so' maritata a il Re de' Reali di Francia: son maritata al negromante, e io sto molto male, chè son sempre legata a un letto; io 'un riposo mai> e per levarmi di qui ci vole sette fratelli che abbiano un'arte disuguale ". " Ora come tu voi far a portarla?' " disse la figliola d'il re. - " Legamela ora qui a un'alia "; e la colomba va via. Dopo tanto tempo i servitori veggono lì per la casa svolazzare la colomba. Fanno i servitori: " Guarda questa colomba come fa il chiasso! L'è stata tanto fori. ora viene a fare ingrullire! Guarda: l'ha perso un cencio, che c'è scritto le parole rosse ". E leggono, e vedono che sono le novità della regina; e vanno da il re.
Il re tutto contento del sapere le novità della regina, fa scrivere diversi fogli, e li mette sulle cantonate: " Qualunqu'omo o donna che avessero sette fratelli con l'arte differenziata, che andassero da il re, che aveva bisogno di vederli ". Tutta la gente si mettevano a leggere questi fogli. In questo momento passa un contadino e dice: " Signore, mi farebbe il favore di dirmi cosa ci dice lì? " - " Leggi. "
" lo 'un so leggere, la me lo dica " - " Che voi sapere! 'un son cose da te " - " La me lo dica; 'un potrebbe sapere... " E lui gli dice che chi ha sette fratelli con l'arte differenziata, vada da il re ". - " Dove si va? " - " Devi pigliare di qui, vai subito, tu ce lo trovi ". Entra nel palazzo reale, e i servitori gli domandano icchè vole. E lui dice: " Ho bisogno di parlare con il re ". Va da il re; gli dice: " Sora Altezza, io ho sette figlioli con l'arte differenziata ". E lui gli dice: " Portameli " - " Ma 'un son qui, sono tutti fori via, ci vole de' quattrini ". Gli dice dove sono; e allora con i quattrini li fa venire a Firenze da questo re.
Loro vengono, e gli dice il re al maggiore: " Tu icchè sai fare "? - " Io metto un orecchio in terra; e guardo icchè fa l'universo mondo ". Il re gli dice: " Guarda icchè fa la mia figliola ". Lui gli dice: " La sua figliola l'è sposata a il negromante, e la sta male; per levarla lì ci vole noialtri ". - " Oh bene! E tu icchè fai? " - " lo sputo in terra, e fo venire un gran fiume ". E poi va da quell'altro: " E tu icchè fai? " - " lo levo l'ovo di sotto alla gallina senza che se ne avveda ". Va da quell'altro: " Tu icchè fai? " - " lo salgo le muraglie senza cascare mai di sotto ". Va dall'altro: " Tu icchè fai? " - " Io riparo le macine per l'aria ". - " Tu, tu che sai fare? " - " Io tiro al mastio e no alla femmina ". Va dall'ultimo: " Tu che sai fare? " - " lo batto la mazzettina in terra, e fo venire un gran palazzo ". Lui, il re gli dà de' bei cavalli e de' quattrini . Questi fratelli vanno via.
Ecco fanno al maggiore: " Tu che metti un orecchio in terra e guardi icchè fa l'universo mondo, guarda che fa il negromante ". - " Il negromante dorme "; gli risponde lui. Dicono all'altro: " Tu che sali le muraglie senza cascar di sotto, sali su questa torre ". Dicono a quell'altro:
Tu che levi l'ovo di sotto la gallina, sciogli la regina senza che senta il negromante ". Eccoti, quell'altro: " Tu che ripari le macine per l'aria, ripara la regina senza che si faccia niente ". Eccoti da il primo: " Tu che metti un orecchio in terra, e guardi icchè fa l'universo mond guarda che fa il negromante ". - "Il negromante dorme; ora l'è tempo di scappare ". Vanno via; quando furono un pezzetto in là, " Tu che metti un orecchio in terra e guardi icchè fa l'universo mondo, guarda icchè fa il negromante >>: - " Il negromante si è svegliato, e non vede più la regina; ci dà dietro; se ci piglia, l'è un affare serio ". E loro via (il negromante era un diavolo, gli compariva il correre a lui).' " Tu che metti un orecchio in terra e guardi icchè fa l'universo mondo, guarda icchè fa il negromante ". E lui gli risponde: " Il negromante l'è vicino per pigliarci ". E loro sempre via, e poi fanno tanto, che se lo trovano a ridosso. " Tu che sputi in terra e fai venire un gran fiume, sputa in terra, e fa' venire un grosso fiume ". E venne il fiume, e loro l'avevano attraversato, e lui l'aveva d'attraversare: tutto disperato contrasta con l'acqua, e fa tanto che l'attraversa. Ecco, dice un altro: " Tu che metti un orecchio in terra e guardi l'universo mondo, dimmi icchè fa il negromante? " - " Il negromante l'ha bello e attraversato, e ci dà dietro ".
Loro, via, via, sempre più che mai; ma poi fanno tanto che se lo trovano daccapo a ridosso. "Tu che sputi in terra, e fai venire un gran fiume, fallo venire più bello di prima ". Loro l'avevano attraversato, e lui l'aveva a attraversare anche questo. " Tu che metti un orecchio in terra, e guardi l'universo mondo, dimmi icchè fa il negromante? " - " Il negromante è là che contrasta con l'acqua che ancora non l'ha attraversato ". E loro via sempre. " Tu che metti un orecchio in terra e guardi l'universo mondo, dimmi icchè fa il negromante? " - " Il negrotnante l'è qui vicino per raggiungerci "; e loro fanno tanto che se lo trovano a ridosso un'altra volta. Poi vanno da quello che batteva la mazzetta in terra e faceva venire un palazzo, e fa venire un palazzo compagno a quello reale.
Sicchè loro entrano nel palazzo; lui 'un la poteva più pigliare. (Ora lei come 'un toccava lui, il negromante 'un la poteva portare via di questo palazzo). Lui doventa un canarino bellino, e va sulla soglia della finestra dove l'era la regina. Lei la fa: " Che bel canarino! " lo tocca, e lui doventa il negromante, e la porta via. Quegli altri fratelli, tutti disperati! Allora dicono: " Tu che tiri al mastio, e no alla femmina, tira al mastio ". Ecco lui tira al mastio, e rimane sbalordito il.negromante, e loro rimontano a cavallo, e via. Via, via, via. " Tu che metti un orecchio in terra, e guardi icchè fa l'universo mondo, guarda che fa il negromante ". - " Il negromante l'è per riaversi ". E loro a correre più che mai. " Tu che metti un orecchio in terra e guardi icchè fa l'universo mondo, guarda che fa il
negromante ". - " Il negromante si è bello e riavuto, e ci dà dietro "; ma loro        sono già vicini al palazzo reale.
Loro lo vedono lì        vicino che era per pigliarli; sicchè arrivano alla soglia del palazzo reale, ma 'un gli potiede far
nulla. Lui rimase fori: dalla rabbia si strappava i capelli, )un poteva più ripigliare la sua moglie. Il re vede la su' figliola e che la stava benino, e tutto contento fa festa, fa un bel desinare, poi tutti li ricompensò: chi li fece principi, chi li fece regnanti. Poi il re sente i popoli se erano contenti di essere governati da una donna; erano contenti, e alla morte di lui regnò la figlia.

Firenze.'


Varianti e Riscontri

MENTE INFUSA (Pratoveccbio). - C'era una figlia di re superba, che non trovava un giovanotto che fosse bello abbastanza per isposarlo. Un giorno finalmente vide passare uno bellissimo; li fece correre dietro, e ad ogni modo lo volle per
marito. Partita con lo sposo, e andando per un bosco, si trovo
d'accanto un rospo, che le disse lui non essere altro che un negromante; e portò la malcapitata sposa in una torre, dove la teneva incatenata. Il re padre la libera con l'aiuto d'una mendicante che aveva sette figliuoli, ognuno de' quali aveva un'arte diversa, e tra i quali c'era Mente infusa, che vedeva e sapeva tutto. Degli altri uno diventava leone, uno formica, uno uccello, uno riparava le macine per aria, uno sputava e faceva il mare, uno tirando ammazzava il maschio e non la femmina.
Cfr. con Li cinco figlie trat@. Yll della giorn. V del Cunto de li cunti del BASILE, ove però i figli son cinque e hanno le seguenti virtù: l. rubare senza farsi vedere né sentire; 2. far barche; 3. tirar bene di balestra, e colpire negli occhi un gallo; 4. conoscere un'erba che fa resuscítare i morti; 5. intendere il linguaggio degli uccelli. Tutti riescono a liberare la figlia del re.
Nelle Fiabe e Canzoni ' pop. del contado di Maglie in Terra d'Otranto di P. PELLIZZARI: Lu cuntu di li persi, pag. 89, un magliese fa società con cinque giovani prodigiosi: l. Folgore; 2. Cieca-diritto; 3. Forte-schiena; 4. Orecchia-lepre; 5. Soffiarello.
Cfr. in parte col tratt. V della giorn. 1: Lo polece, e col 1 della III: Cannatella, dello stesso BASILE. Il KNusT, Italieniscbe Márcben, n. 10: Der Kaufmannssobn aus Livorizo, diede una versione toscana della nostra novella; vi sono sei giganti: il l' beve moltissimo; il 2. mangia assai carne; il 3. fa un miglio ogni passo; il 4. ode, applicando l'orecchio a terra, quel che fanno le persone; il 5. gran timoniere; il 6. s'intende bene coi legni in battaglia. Nella versione veneziana il WIDTER C WOLF, Volksmárcben aus Venetien, n. 6: Die vier kunstreichen Briider, quattro fratelli ingegnosi sono uno gran falegname, uno cacciatore, uno ladro e uno mago.
Nella mia versione siciliana di Castelterminí: I sette fratelli (Fiabe, vol. 1, pag. 197 e 198) hanno virtù il l. di correre quanto il vento; il 2. di udire applicando l'orecchio a terra; il 3. di fare spuntare una torre di bronzo appuntando il dito nel terreno; il 4. di scassinar sette porte di ferro; il 5. di saper togliere, non avvertito, le uova di sotto una rondine; il 6. di sparar contro chi vede e colpir chi non vede: il 7. di risuscitare con un fischietto i morti. Consimíli son le virtù de' sette fratelli del Mago Tartagna, versione di Cianciana (pag. 197), e di quelli del 45 de' Sic. Márch. della GONZENBACH: Von den sieben Bradern, die Zaubergaben batten. Si ravvicini col 31 de' Márcben und Sagen aus Wálscbtirol dello SCHNELLER: Die Frau des Teufels, con Le Cento s ' porte delle Due Fiabe toscane annotate da V. [IMBRIANI]; Napoli, Angelo Trani, MDCCLXXVI, e delle Settanta novelle del NERUCCI, n. II: e con I tre regali o la novella de' tappeti, n. XL della medesima raccolta montalese. Nel Cunto de li cunti, III, 8, si riscontrano i giovani virtuosi ed ingegnosi; pei quali giova leggere I sette fratelli, nel Paradiso degli Alberti; Ritrovi e Ragionamenti del 1389, Romanzo di GIOVANNI DA PRATO, dal codice autografo e anonimo della Riccardiana, a cura di ALESSANDRO WESSELOFSKY (Bologna, Romagnoli, MDCCCLXVII), nov. 1, Della origine di Prato e le osservazioni che sulla provenienza e sui riscontra della novella scrive il Wesselofsky al cap. IV di essa opera.
In una novella del Novellino, testo Papanti, quattro figli di un re vanno a cercar fortuna. Il primo va al Parigi e vi apprende tutte le scienze; il secondo in Sicilia e diviene balestriere; il terzo in Catalogna e v'impara ad esser ladro; il quarto a Genova e diventa esperto in far navi. Tornati a casa, vanno tutti e quattro a liberare una donzella e ad acquistare una gran tesoro custodito in un'isola da un drago, e menano a
buon fine l'impresa.
La novella (osserva il D'Ancona) è qua e là mutila, e manca della fine, nella quale si dovrebbe disputare chi abbia avuto maggior parte alla liberazione della fanciulla, e meriti averla insieme col tesoro.
Nelle Tredici notti dello STRAPAROLA, notte VII, n. 5. " Tre fratelli poveri andando pel mondo divennero molto ricchi ". Il primo di essi fu gran soldato, l'altro valente costruttore di navi, l'ultímo, stando dieci anni ne' boschi, imparò a conoscere il linguaggio degli uccelli. Riunitisí, un uccello venne a dire che nel cantone dell'osteria ov'essi erano stava nascosto un tesoro. Il tesoro fu trovato e preso. Lo stesso avvenne per un altro tesoro tenuto nascosto dalla figliuola d'Apolline nell'isola di Chio cc.


Una novella simile è in Morlini, n. 80 (París, jannet, 155).
Qualche punto di riscontro con la nostra ha la Fola dél

falegnam della CoRoNEDi-BERTI. Il negromante che mentisce l'esser suo è nella XXI delle Fiabe sic. e nella XII della Novellaia fiorentina. I rifiuti della ragazza, quando le si offerivano sposi, sono nelle stesse Fiabe, XXI, e nella CV. Le trasformazioni e gli ostacoli del negromante sono in IMBRIANI, Ngv. mil., n. VII, e Nov. fior., @. XXVII; in DE GUBERNATIS, Novelline di S. Stefano, n. VI; nelle mie Fiabe, n. XIII ec.
Per altri riscontra vedi D'ANCONA, Del Novellino e delle sue fonti negli Studi di critica e storia letter., pagg. 356-358.

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