La bella del mondo
C'era una volta un re, e l'aveva tre figliole e un mastio, ma non aveva potuto maritare queste tre ragazze. Venuto a morte, chiamò i suoi figlioli accanto al letto, e disse al mastio che toccava a lui a maritare le tre ragazze: " Fra un anno mettiti alla finestra; il primo che passa, tu l'avrai a dare alla maggiore, e così tutti gli anni di seguito; sino
che non l'avrai maritate tutte e tre ".
Passa un anno, questo figliolo arriva e si mette alla finestra; passa uno spazzaturaio, lo fa chiamare, lo fa rivestire da signore, e poi lo fa sposare alla sorella maggiore. Lo spazzaturaio gli aveva detto che non era di quel paese, e la sorella volle almeno che la accompagnasse sino a casa.
" Quanto ci si mette ad andare al vostro posto? " domandò al cognato.
" Ad andare a cavallo, ci si mette tre giorni ".
Lui calcolò tre giorni ad andare, tre a tornare, e sei per restare lassù, e lasciò detto alle altre due sorelle: " Se
tra dodici giorni non sarò tornato, fatemi il mortorio "; e partì con la sorella maritata.
Cammina, cammina, non si arrivava mai alla casa di questo sposo. Arrivato al dodicesimo giorno, il fratello dis-
" Io vo' tornare addietro >; voltò il cavallo, e via. La sorella restò piangendo. e " Sta' zitta ", le disse lo sposo, " tra poco ci siamo; se non andava via lui, non s'arrivava noi. Lo vedi quel chiaro lassù lassù? quella è casa mia ".
Dopo mezz'ora, difatti, si trovarono davanti a un palazzo tutto di maiolica, filettato di celeste, come i piatti del Ginori.'
" Io sono un re ", le disse lo spazzaturaio; " però per una malia che hanno fatto, dalla mattina alle quattro sono capo-uccello, e la sera, al buio, torno uomo ". La povera donna rimase molto dispiacente sentendo queste cose, ma poi vedendosi servita e riverita in quel palazzo, cominciò a starci bene.
Il fratello intanto era tornato a casa, ed invece di metterci altri dodici giorni per tornare, aveva rifatto la strada in due giorni. L'anno dopo, prima che facesse giorno, si mise alla finestra, per vedere chi passava prima; e questa volta era quello che raccatta il sugo per la strada,' e toccò a sposarlo alla sorella mezzana. Lo sposo disse al cognato che per arrivare a casa sua ci voleva otto giorni; lui calcolò che in ventiquattro giorni poteva andare, trattenersi e tornare, e lasciò detto in casa che, se dopo quel tempo non fosse tornato, gli avessero fatto pure il mortorio.
Era passato un mese, e si trovavano ancora per strada; finalmente gli venne a noia, voltò il cavallo e via. Anche
questi sposi si trovarono allora quasi subito davanti un palazzo con la facciata tutta argento, da accecare.
Lo sposo gli manifestò che era un re, ma che aveva fatta una malia, e la mattina, quando si faceva giorno, doventava il capo-piccione, e la sera ritornava ad essere uomo. La sposa da principio pianse, ma poi non si confuse più, e rimase contenta. Il fratello al ritorno fece la strada in poco tempo.
Il terzo anno toccava a maritarsi alla sorella minore, e questa volta passò uno spazzacammino. Lo sposo disse che per arrivare a casa sua ci si metteva un mese. Disse la sorella al fratello: " lo sono rimasta sola, anche ci mettessi tre mesi, m'hai a venire ad accompagnare; e il buon fratello lasciò detto a' servitori di fargli il mortorio se non tornava tra sette mesi. Dopo però quattro mesi che camminava, anche questa volta finì con lo stancarsi, voltò il
cavallo e via.
La sorella cominciò a piangere, ma lo sposo le fece coraggio: " Vedi lassù, dove pare che ci sia il sole! quella è la mi' casa "; e in poco tempo arrivarono a un palazzo tutto oro. Anche lo spazzacammino era un re ammaliato, che la notte doventava capo-maiale, e di giorno era uomo.
Torniamo al fratello, che in un mese era tornato a casa, e era rimasto solo con i servitori. All'anniversario dello sposalizio dell'ultima sorella, quando fu passato un altro anno, gli venne l'estro di mettersi anche questa volta alla finestra, per vedere qual moglie gli sarebbe toccato se il padre gli avesse imposto di pigliar moglie, come le sue sorelle avevano pigliato marito. Passò una donna con una cesta d'ova, lui gli tirò una pietra, glieli ruppe tutte, e cominciò a sbellicarsi dalle risa.
La donna guardò in alto e gli disse: " Vorrei che tu un potessi più ridere sino che non hai trovato la Bella del mondo! ".
Questo giovane prende il cavallo e va via; dopo otto giorni vede un chiaro e poi scopre il palazzo di maiolica filettato di celeste. Si fermò per qualche giorno nella locanda di faccia; ma la sorella avendolo veduto alla finestra, gli mandò a dire con uno staffiere che la regina gli voleva parlare; e poi gli si diede a conoscere. La sera gli fece, conoscere pure il marito; lo voleva trattenere, ma lui volle andar via per ritrovare la Bella del mondo. Il cognato gli disse: " Tu non avrai bisogno di me; se ne avrai bisogno, tu hai a chiamar il Capo degli uccelli, che io ti rispondo per tutto ". Sulla stessa strada, trovò i palazzi delle altre due sorelle, ed i due cognati, prima di lasciarlo partire, tutti e due gli dissero di ricordarsi in caso di bisogno del Capo de' piccioni e del Capo de' maiali.
Finalmente vidde un altro chiaro da lontano, e trovò un bellissimo palazzo di bronzo dorato, tutto borchiato d'oro, e sopra c'era scritto: La Bella del mondo.
Pigliando lingua da un oste vicino, gli disse che la Bella del mondo era guardata da un mago, e che non facendo per tre giorni quello che voleva lui, ci si rimetteva la pelle. Ciò non ostante il coraggioso giovane picchiò al palazzo, si fece annunziare al mago, e gli disse che voleva vedere la Bella del mondo per pigliarla anche per isposa. " Prima bisogna che voi state tre giorni nel mio palazzo a fare delle scoperte; se voi le farete, l'avrete per isposa; se no, sarete morto ".
La sera, dopo avere cenato, il mago aprì un uscio, e lo fece entrare in due stanze, ed una era piena sino al palco tutta di miglio e di panìco; e gli disse che bisognava scegliere tutto il miglio e tutto il panico e mettere ognuno da sè. Il giovane era rimasto sgomento, ma poi ricordandosi delle offerte de' suoi cognati, chiamò il Capo degli uccelli, che venne con tutti i suoi uccelli, ed in quanto si
dice, glielo scelsero tutto,e glielo messero metà in una stanza e metà nell'altra.
La sera dopo il mago gli diede a scegliere invece una stanza piena di vecce e granturco ed il giovane vedendosi confuso si fece aiutare del Capo de' piccioni.
La terza sera, lo fece entrare in una stanza dove c'era anche un canapè per stare con più comodo, e gli mostrò un'altra stanza piena sino al palco di cantucci,' e li doveva mangiare tutti in quella notte. Il giovane ne addentò qualcheduno, che per il gran tempo che erano stati lì erano secchissimi, ma poi chiamò il Capo de' maiali, che venne con i suoi maiali, e in poco tempo ripulirono ogni cosa, e non lasciarono un minuzzolo.
Al mago per la rabbia gli venne la febbre: " lo vi do la Bella del mondo, ma voi dovete pigliarla come l'è, coperta di un velo ". Gliela fece vedere di fatti, coperta di bianco sino a terra; la Bella del mondo piangeva. Il mago gli permise di parlare a questa ragazza, ma senza toccarla. La Bella del mondo gli disse che non era figlia del mago, ma che da bambina lui l'aveva rapita a' genitori, che la faceva soffrire, e che ne' tre giorni delle prove l'aveva strapazzata più che mai. Per tre giorni lo fece sempre parlare a questa ragazza; il terzo giorno la Bella del mondo gli disse che la notte il mago l'avrebbe ammazzato; ma allora lui, munito di un bono stiletto, nel tempo della cena ammazzò il mago. Scoprì e vidde finalmente la ragazza, che era veramente bella.
Prima di godersi il palazzo del mago con le tante ricchezze,. volle andare con la sposa a vedere le sorelle, e ringraziare i cognati. Seppe allora che i suoi re cognati e la Bella del mondo erano tutti figlioli dello stesso babbo e della stessa mamma, che il triste mago aveva rapito la bambina, ed avea amnmaliato i fratelli, e sino che non si trovava un uomo capace di fare queste cose, non si poteva liberare la Bella del mondo, ed i fratelli non potevano tornare ad essere quello che erano prima.
se ne vissero e se ne godettero,
a me nulla mi dettero.
Firenze.'
Varianti e Riscontri
Di questa novella si hanno tre versioni siciliane: la prima
in GONZENBACH, SiCil.
Márcben, n. 29: Von der scbónen Car
dia; la seconda nelle
mie Novelline popolari sicil. raccolte in
Palermo, n. I: Lu Re di li setti muntagni d'oru; la terza nelle mie Fiabe siciliane, n. XVI: Li tri figgbi obbidienti. Una versione è livornese negli -Italieniscbe Volksmárchen, di KNUST, n. 2: Die vier Kónigskinder, ove alle tre figlie toccano a mariti uno spazzacammino, un calderaio e un ombrellaio; un'altra è fiorentina nella Novellaia milanese, dell'IMBRIANI, nota alla n. XII, pag. 50; e nella Novell. fior., seconda edíz., n. XX ove si tratta di tre figli, a' quali toccano una bottegaia, una macellaia e una rana; dal qual punto la novella muta. Una versione napolitana diedene BASILE, nel Cunto de li cunti, IV, 3: " Giancola, figlio de lo Rè di Verdecolle, va cercanno tre sore carnale maritate co no farcone, co no ciervo, e co no derfino, e dapo' luongo viaggio le trova, e trovato a lo retuomo na figlia de lo Rè, che steva 'n mano de no dragone drinto 'na torre, co no signale c'happe da li cainate, l'have tutte tre leste ad aiutarelo: co li quale acciso lo dragone e liberata la prencepessa, se la piglia pe mogliere, e 'nsieme co li cainate, e co le sore se ne retorna a lo regno suio ".
Cfr. pure con La bella fiorita, della Basilicata, n. XX, del COMPARETTI, e con Lu Bbastunélle, n. XXIII, del FINAMORE.
Nella Ranoccbiella nota al Capo di becco nell'Arcbivio per le trad. pop., vol. I, pag. 42, toccano anche de' mariti poveri alle principesse che si hanno a sposare.
Per le prove a cui il giovane è sottoposto, vedi le mie Da una cameriera fiorentina a nome Assuntina.
Fiabe cc., n. XVI: Marvizia, e la nota relativa, GONZENBACI-I, Sic. Márch., n. 77: Die Gescbicbte von Pozzi e Fogghi, e in questa stessa raccolta: Della figlia del re, che chi buttava giù
l'albero la prendeva in isposa.
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