La maestra



una maestra, e aveva una scolara, che andava a imparare il mestiere. Questa maestra aveva un orto, che Rimaneva dietro il giardino d'il re, ma lei 'un ne sapeva nulla. La scolara era addetta tutti i giorni di andare ad innaffiare i fiori. Un giorno sente dire:
" Basilino citrato,
Quante foglie sono? ".
E lei stava zitta, 'un sapendo di dove venisse questa voce.
La seconda mattina medesimamente. Lei, stizzita, va
dalla maestra e gli racconta questo fatto: " Io tutte le mattine, mentre annaffio i fiori, sento dire:

Basilino citrato,
Quante foglie sono? "

" Senti: se tu vai nell'orto domattina, gli devi rispondere:

Figliolo d'il re Ruggero,
Quante stelle c'è in celo? "

(Ma lei 'un gli diceva che era il figliolo d'il re, questo).
Eccoti la ritorna la medesima mattina, e fa sempre il solito lavoro; va, e sente dire in quella maniera-.

" Basilino citrato,
Quante foglie sono? "

E lei gli risponde cosi:

" Figliolo d'il re Ruggero,
Quante stelle c'è in celo? "

E lui tutto stizzito, arrabbiato: - Guarda: son rimasto canzonato da una bambina così! Ma aspetta: mi rícatterò... -
Eccoti dopo due tre mattine, passa un fruttaiolo, e grida:- Che belle mele! Che belle mele! -
" 0 sora maestra, passa qu il fruttaiolo: voglio comprarle mele ".
(La contentava di tutto questa maestra, perchè le voleva tanto bene a questa scolara).
Eccoti che il figliolo d'il re, a sentire così, per un uscio segreto entra n'il terreno della maestra e si nasconde sotto una scala. Quella bambina va sull'uscio:

" Quell'omo, venite qua. Datemi du' libbre di queste., mele ".

Lei, dopo che è stata servita, sale le scale, e il figlio d'il re gli tira la veste. La principia a gridare:

" Sora maestra, sora maestra, La scala mi tira la vesta; Le mele mi cascano! "

La maestra s'infigurò che fosse il figliolo d'il re che gli facesse dispetto.

Eccoti, il giorno dopo lei ritorna nell'orto a annaffiare i fiori, e sempre gli ripete le medesime parole; e il re principia a canzonarla:

" Sora maestra, sora maestra, La scala mi tira la vesta; Le mele mi cascano! "

Lei corre dalla maestra piangendo: " Ah sora maestra, ,un voglio andare più ad annaffiare i fiori; era qualcheduno che mi tirava la vesta, 'un era la scala ".
A lei gli piaceva tanto i pesci, a questa figliola. Un giorno passa un pesciaíolo. La principia a dire: " Ah sora
maestra, passa un pesciaiolo; io voglio i pesci, io voglio i pesci! ".
Lei inquieta la maestra: " Vai a comprarli, bisogna che io ti contenti in tutto! ".
E questo era il figlíolo d'il re vestito da pesciaiolo; ma lei 'un lo riconosceva. Lo chiama e gli dice: " Fatemi vedere i vostri pesci ". E' ce n'era uno tanto bello! La dice. " lo voglio questo. Quanto lo fate? "
" Non voglio niente, fori che un bacio ".
E lei: " Io un bacio 'un ve lo do; io voglio darvi i danari, no un bacio ".
" E allora io 'un ti darò il pesce ".
E costì lui principia a' pregarla; prega tanto, che alfine la glielo dà il bacio. Dopo che fu baciato, il pesciaiolo via senza dargli i pesci. Lei tutta stizzita, arrabbiata: " Ah sora maestra, sora maestra, il pesciaiolo m'ha baciato, ed è andato via senza darmi i pesci ".
" Stai zitta: ti farò fare una cosa: domani prenderai una mula, e te ti vestirai un po' più alla meglio, e tu avrai una cintura d'oro, ma bella. Devi gridare per tutte le strade:

" Chi bacerà il sedere alla mi' mula Avrà la mia bella cintura ".

La mattina dopo lei si vestì, e prese la mula e la cintura, e andò per tutte le strade, e passò sotto il palazzo d'il re; ma lei 'un lo sapeva che gli era il figlio d'il re che gli faceva quil gioco; e principiò a gridare:

" Chi bacerà il sedere alla mi' mula Avrà la mia bella cintura ".

(Si dice in quell'altra maniera, ha inteso?).'
Eccoti che il figliolo d'il re sorte di casa (ma lei 'un lo riconosce mai) e va per baciare il sedere alla mula; questa tira du' calci; via, scappa, e porta via la cintura. Lui tutto svergognato, arrabbiato, torna a palazzo e cerca di vendicarsí di questa figliola.
Lei torna a casa tutta allegra e contenta e gli racconta quello che gli era seguito alla maestra; la maestra: " T'hai fatto bene, t'hai fatto bene " (ma 'un gli diceva mai che era il figliolo d'il re).
Eccoti che lei il giorno dopo ritorna a il giardino a fare la solita faccenda, canterellando. Il re gli dice:

" Basilino citrato,
Quante foglie sono? "

E lei gli risponde:

" Figliolo d'il re Ruggero, Quante stelle c'è in celo? ".

E lui gli ripete:

" Sora maestra, sora maestra, La scala mi tira la vesta; Le mele mi cascano! "

Allora gli risponde:

" Tu mi baciasti, tu mi baciasti,
Ma de' miei pesci 'un assaggiasti ".

E lei gli risponde:

"Tu che baciasti il culo alla mula

(oramai l'ho detto),

'Un avesti la bella cintura ".

Dopo poco che sono lì tutti due tranquilli, viene un ordine d'il re, che questa figlia è condannata a morte per avere fatto un affronto alla persona medesima.
Allora la maestra gli confessa tutto a questa scolara:
questo era il figliolo d'il re, che bisognerà bene che
vadia alla morte.

Lei, la si figuri, tutta sgomenta, tutta disperata gli
dice:        " Sora maestra, io 'un voglio morire così giovane! ".
La maestra, per tenerla tranquilla: " Va' da quel chiccaio,' e tu gli devi dire che faccia una donnina uguale a te, bella come te, piena di rosolio. Costi quello che pole, che sia fatta per domani alle dieci (che doveva essere rinchiusa in camera questa ragazza, dove c'era un letto, e andava il re, e l'ammazzava).
Difatti va da questo chiccaio, e fissa tutto quello che gli avea detto la maestra, ma che per quell'ora la fosse fatta, se no...
Poi, eccoti che portano questa donnina di chicca, e gli mettono de' fili che potesse agire. Tutto quello che gli diceva il re, doveva dire di sì. La portano in questa camera, la mettono in questo letto, e lei si soppiatta dietro il letto con i fili in mano.
Viene il re con una spada, e si presenta da questa figlíola, e gli dice: " Cosa meriteresti, di avermi fatto tanto torto, altro che la morte? " E quella rispondeva con il capo di sì.
" Cosa meriteresti, di avermi fatto tanto arrabbiare, e di avermi risposto tanto male, altro che la morte? " E quella rispondeva con il capo di sì.
" Dunque, devi moríre! " e gli dà un colpo di spada, e la spezza nel mezzo; e allora sorte tutto il rosolio, e gliene va nel viso, addosso, in bocca. E principia a gridare: " Come era bella! Come era dolce! Peccato che ti abbia ammazzato! Ah se potessi essere viva ancora, io ti sposerei! ... "
Allora lei sorte tutta giubilante e allegra: " Perdonatemi, o re, io son viva ancora ".
il re tutto contento l'abbraccia, e costì la sposa:
E lì se ne stettero, se ne godettero,
A me nulla mi dettero.

Firenze.'

Varianti e Riscontri

Una versione mantovana è in VISENTINI, n. 1: La bella Annina, la quale va meglio ravvicinata alla Povira bedda siciliana; una montalese in NERUCCI, Sessanta Nov., n. LVI: Caterina furba; una fiorentina nella Novellaia fiorentina dell'IMBRIANI,
  1. ed., n. III: La Verdea (qualche motivo è anche nella IV:
    bella Giovanna); una nap61etana nel Cunto de li cunti, 11,
    Viola 'midiata da le sore, dopo assai burle fatte e ricevute
    no prencepe, a dispietto loro le deventa mogliere; " nel qual
    Cunto, III, 4, è anche una parte di riscontro; una milanese nella Novellaja fiorentina suddetta, pagina 42, e nella Milanese, n. IV: Stella Diana; una abruzzese nella raccolta del DE NINO, n. XXII: Martinella; due siciliane ne' Sicilianische Márcben della GONZENBACH, n. 35: Von der Tocbter des Fiirsten Cirimimminu, e nelle mie Fiabe, n. V-. La erasta di lu basilicò, in fine della quale ve n'è citata un'altra inedita di Polizzi: Lu Zu Nínu.

    L'inganno con la bambola è in BANDELLO, Novelle, p. I.
    IX; in POLIENO, Stratagemmi, lib. VIII; in BERNONI, Fiabe
    III; in GONZENBACH, n. 36, ecc.
    'Da una ragazza chiamata Tancreda, nata a Monterone, da dove andò via bambina. t stata a Lucca, a Siena, quattro anni a Pistoia, e dodici a Firenze. Il padre è fiorentino, la madre delle Balze, confine toscano. - L'aveva sentita da una ragazza di Terra
    del Sole.
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