Il rapo
C'era una volta un omo. Quest'omo era rimasto vedovo: aveva solamente una citta. Quest'omo un giorno andò a zappare n'il campo; mentre che zappava, trovò un mortaio. Torna a casa dalla figliola, e gli dice: " Vedi, figliola mia, bel mortaio che ho trovato! "
" Uh bello, babbo; vu' lo dovete portare a il re ". " Ti pare, figliola mia! 'un c'è il pestello, che io lo voglia portare a il re! ".
" Sì, babbo, è tanto bello, portategliene ".
Quest'omo per obbedire la figliola, prese questo mortaio, e lo portò a il re.
Il re prende in mano questo mortaio e lo guardò, e
dice: " Sì il mortaio è bello;
Dove hai tu il pestello? "
Questo pover omo riprese il su' mortaio, e ritornò a casa, e fa il racconto alla figliola come gli aveva risposto il re.
" Aspettate, babbo mio ".
La va nel campo questa citta, e coglie un bel rapo
grosso: " Tenete, portatelo a il re ".
Quest'omo: " Ma ti pare: figliola mia, che io debba fare queste cose! ".
" Sì, andate, babbo ".
Il babbo gli voleva tanto bene a questa citta, che per ubbidirla ci andò.
Va da il re e gli dice che la su' figliola gli ha mandato questo rapo (lei a il re lo trattava di rapo); come dire: se aveva di più, e più gli portava. Il re tutto arrabbiato gli dice: " Aspetta un pochino "; e gli dà una libbra di lino e gli dice: " Portala alla tu' figliola; tu gli devi dire che lei mi faccia trecentottanta braccia di panno con questa libbra di lino. Lo deve filare, e mi deve fare trecentottanta braccia di panno ".
Questo pover omo prese questo lino, ma per tutta la strada 'un fece altro che piangere.
Va a casa dalla figliola:
Oh, figliola mia, tu l'hai avuta! ".
Cosa c'è? ".
gli dice cosa gli aveva ordinato il re.
" Oh, caro padre, vi mette pensiero? Lasciate fare a me ".
La prende questo lino, e lo scioglie, e lo scote. Figuratevi n'il lino se c'è le lische! Cacciò una liscolina appena appena quanto na punta di spillo. Lei la piglia e la mette in un foglio, e dice: " Babbo, tornate da il re; vu' gli, dovete dire che a me 'un mi mette pensiero fare trecentottanta braccia di panno; ma lui mi deve fare in questa liscolina un telaio con tutti gli ordegni ".
Questo povero vecchio, per fare l'ubbidienza della figliola, ritorna da il re; e gli dice l'ambasciata che gli aveva fatto la su' figliola.
Il re fa: " Oh villanaccia! s'è messa a picca con me!
Senti:tu li devi dire alla tu' figliola che domattina la venga da me, nè 'gnuda nè vestita, nè a piedi nè a cavallo, nè digiuna nè satolla ".
Questo povero vecchio se ne torna a casa piangente, e gli dice: " Ah, figlia mia! tu l'hai avuta bella ora! il re vole che tu vada da lui ". Gli fa il racconto come doveva
andare.
" Oh babbo, vi mette pensiero a voi? Lasciatemi farea me! ".
La mattina questa citta la si leva, e la mangia un lupino ('un era nè digiuna nè satolla), addosso si mette una rete da pesci ('un era nè vestita nè 'gnuda), la piglia una capra e monta a cavallo, un piede gli toccava in terra e un piede sopra ('un era nè a piedi nè a cavallo), e va da il re.
Il re gli era al terrazzino e vede questo brutto affare, e vede che si avvicina all'uscio suo. Il re scende giù a vedere cosa l'era; 'un credeva che quella matta l'avesse a fare qua il lavoro.
E la gli dice a il re-. "lo son venuta da lei"; e gli spiegò come aveva fatto . Il re la fece pigliare e la fece vestire da regina e gli disse: " Senti: tu sarai la mi' moglie; ma bada bene 'un entrare ne' fatti miei " (perchè lei se ne
intendeva più di lui).
Un giorno in questa città ci fu la fiera, dove c'era tanti bovi. Il giorno piovve. Tutti que' contadini rimessero le bestie dentro le stalle d'il re.
Un contadino aveva una vitella pregna, e in questa stalla c'era un bove. La notte questa vitella che l'era pregna la figliò. Appena che ebbe fatto il vitellino, questo vitellino andò sotto la trippa del bove. La mattina i contadini vanno ad aprire la stalla per pigliare ognuno le su' bestie.
Va quello della vitella che sapeva che l'era incinta: "la mi' vacca l'ha figliato! ".
Va quello d'il bove: " Che! ha figliato il mi' bove: 'unha figliato la tu' vacca! ".
" 'Gnamo da il re; tu sentirai chi ha figliato; che lami' vacca era pregna ".
Vanno da il re e gli fanno il racconto come era successo.
Il re disse: " Sì, il vitello l'è d'il bove ".
Questo povero contadino della vacca l'ebbe a perdere, e si messe d'intorno a il palazzo d'il re che piangeva; 'un la poteva ingozzare! Vede n'il giardino questa signora; salta il
muro, e gli entra dentro.
" Oh, signora mia, il su' marito cosa 'gli ha fatto! " Egli fa il racconto.
" To', 'un ti posso aiutare a niente ", dice la regina; " va' via, se no il mi' marito mi manda via anche me ".
" Ah, signora, una parola sola; guarda se me la può rimedíare! ".
" Senti: il vitello te 'un lo potrai ma' avere, perchè l'ha preso quell'altro. Vedi sotto le nostre finestre: c'è una vasca. Stanotte te devi pigliare una frasca; tu devi cominciare a dire: - Fori i pesci a pascer l'erba! - Tu vedrai che il mi' marito per un po' starà zitto, ma poi qualcosa ti dirà. Ti dirà: - E' possibile, villanaccio, che i pesci pascian l'erba? - E te gli devi rispondere: - E' possibile che un bu' faccia un vitello? ". Questo contadino ringrazia tanto questa signora, e va via; 'un gli pareva vero di arrivare alla notte! Quando fu la mezzanotte, prende una frasca, come gli aveva detto questa signora, e avviò a dire: - Fori i pesci a pascer l'erba!
Lo ridisse almeno per tre volte.
Il re fece alla su' moglie: " Senti quel villanaccio; 'un ci lascia dormir punto. E' possibile che i pesci pasciano l'erba? Eppure bisogna che mi alzi, e gli dica qualche cosa ".
Questo re 'un potiede stare più alle mosse; perchè il contadino continuava sempre a berciare.'
S'affaccia alla finestra questo re e gli dice: " Ah, villanaccio, sta' zitto. E' possibile che i pesci pascian l'erba? ".
" Sarà più possibile che i pesci pasciano l'erba, che un bue faccia un vitello ", risponde il contadino.
Questo re riserrò la finestra tutto invelenito, e dopo disse alla su' moglie: " Tu sei stata te. Domattina piglia la cosa più rara che ci sia n'il palazzo, e vattene a casa tua ".
Questa regina la gli dice: " Anderò domani dopo desinare ".
Quando sono a desinare, questa regina gli aveva preparato il vino da sè; in questo vino ci aveva messo l'alloppio. Il re appena che ebbe desinato s'addormentò. La lo fece mettere in una carrozza, e lo portò a casa sua.
Fece tutto un sonno; si destò la mattina. Quando la mattina 'gli aprì gli occhi, le ragnatele gli toccavano il naso, e guarda: accosto ci aveva la moglie. Dice: " 0 dove sono? 0 che sogno?... 'Un ti avevo detto che tu andassi via? dove tu m'hai portato? ".
La rispose lei: " Vu' 'un m'avevi detto che prendessi la cosa più rara che c'era n'il vostro palazzo? Mi è piaciuto voi; vi ho portato con me ". Capì il re che la su' moglie era donna di molto giudizio, e allora gli disse: " Ritorna a casa mia, fai e disfai, tu conosci più di me".
Tornonno a il palazzo reale.
Lì se ne stiedono, Se ne godierono,
Fecero le nozze e un bel convito;
A quello che la sentì un bel topo arrostito.
Pratovecchioi'
Varianti e Riscontri
Versioni di questa stessa novella sono Il mortaio d'oro delle Due Fiabe toscane annotate da V. I., pagina 10, e delle Sessanta Novelle montalesi del NERUCCI, n. III; Griselda, n. LXIX delle Novelline del COMPARETTI e di quelle del NERUCCI (e in parte La ragazza astuta delle stesse Novelline, n. XLIII); La storia del ' pestù d'ór di Bergamo de' Componimenti minori del CORAZZINI, pag. 482; La giovane accorta, n. 36 delle Fiabe mantovane del VISENTINI; La panza chi parra, n. VIII delle mie Fiabe siciliane.
Pel trasporto che la moglie fa del marito come della cosa più preziosa per lei, il raccoglitore delle Due Fiabe predette cita esempi di LoD. GuiccIARDINI, Detti e fatti, ec. (l'aneddoto Le donne lar talvolta fatti egregii; di LOD. DOMENICHI, Historia varia, lib. X: Cortesia di principe generoso; di Tomm. STIGLIANI, Mondo nuovo, XXXI, 122-138, esempi che pur si trovano citati a pag. 370, vol. IV delle Fiabe siciliane. Le sottili astuzie di essa donna nel dover ella comparire nè ignuda nè vestita dinnanzi al re sono pure nella XVI delle Fiabe abruzzesi del DE NINO: Nè nuda nè vestita, nè a piedi nè a cavallo e nel Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno ec., di che vedi uno
scrittodel WESSELOFSKY: I racconti slavi di Salamone Cen-
ele Leggende europee intorno a Morolfo e Merlino (in
russo),Pietroburgo, MDCCCLXXII; ed un altro scritto del
KÓHLER:Zur Magus-Saga nella Germania, an. IX, pag. 18 e
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