La gamba



C'era una donna, e avea tre figliole; ma eran povere povere povere, e il suo mestiere era di filare; e non sortivano altro che a sera, per non essere vedute da nessuno, tanto l'erano vestite male. Lei s'appassionava tanto al lavoro, che, dopo tanta fatica, si ammalò. Queste tre bambine, era malata la su' mamma, lavoravano giorno e notte. La malattia era lunga, e avevan rifinito tutto; loro 'un la volevano mandare allo spedale, principiarono a vendere tutto quello che avevano. Non sapendo più che vendere, principiarono a vendere il vestito della su' mamma: le scarpe, la camicia e la sottana; la rimase nuda n'il letto; non le rimase altro a questa povera donna. Allora si appassionì tanto che morì. Quelle povere figliole, disperate, 'un sapendo come fare a vestirla, 'un la volevano mandare alla sepoltura nuda: sarebbe vergogna! La più grande: " Sta' zitta, gli metterò la camicia ", e se la leva per sè. La mezzana si leva la gonnella; la più piccina le calze.
Viene la sera, la portano via.
Loro sempre a seguitare a lavorare per tirarsi un poco alla meglio avanti: 'un sortivano mai, e piangevano sempre. - " Questo inverno come si farà a andare avanti ignude in codesta maniera? ". La mezzana: " Sta' zitta, ci si rimedierà: un po' di cenciuccio di vestito si farà! " - " Chi ce li darà i denari per farci un vestituccio? che non basta per mangiare un boccone di pane... ".
Giunge l'inverno, ecco che fa un gran freddo; dice la più grande: " lo 'un posso resistere senza camicia, io bisogna ch'i' vada a letto ". Lei si disperava, lei essendo in letto e vedendo le su' sorelle lavorare. " Ma stai zitta ", fa la grande;
" domattina presto mi voglio levare, piglierò una zappettina, e voglio andare a levare la camicia alla mamma tanto 'un veste più lei! ". Quell'altre du' sorelle: " Ma ti pare! uno spregio, fare questo lavoro alla mamma? Sarebbe uno spregio, benché non senta nulla!"
"Ma tant'è lo voglio fare".
La mattina si alza, non dà retta a nessuno, e va via. Giunge al camposanto, sona il campanello, vien fori il becchino. " Chi è? " - " Apritemi, Cecco, voglio andare alla sepoltura della mi' mamma a pregare; 'un ci sono mai stata! " - " Sì, levati di costì, vieni a quest'ora! io 'un ti vo' aprire ". E lei si racccomanda. Il becchino si commove, e l'apre. " Insegnatemi qual'è la buca della mi' mamma. Via, Cecco, fatemi il piacere ". - " Eccola là, guarda, 'un ci star tanto, sai! e 'un ci tornar più, perchè io 'un t'apro ". " No, no, 'un ci verrò più, Cecco: siate bono, via ". Arriva alla sepoltura della mamma, s'inginocchia, prende la zappettina, che avea sotto il grembiale e comincia a scavare; scava, scava, eccoti che scopre su' madre; scende giù nella buca, la solleva, e gli leva la camicia; se la mette sotto il grembiale, sta un altro pochino lì, e va via. Le sue sorelle stavano rímpiattate dietro la finestra (mettiamo un nome): " Eccola la Stella! " e le vanno incontro per le scale. " Icchè t'hai fatto poi? icchè t'hai fatto? ". - " L'ho levata, eccola qui sotto il grembiale; lasciatemi entrar in casa, me la vo' mettere subito, ho un gran freddo ". E si mettono tutte e tre
a lavorare, e lavorano sino a sera.
Eccoti la mezzana: " Uhl che freddo ho anch'io! 'un posso più resistere. Senti, Stella, vo' fare come te, andare a levargli la gonnella ". La mattina fa lo stesso. Il becchino allora sì indispettito, che 'u,- gli voleva aprire; lei fa lo stesso, come la su' sorella. Ritorna a casa, si mette la su' gonnella, e si mettono a lavorare. E costì, la più piccina principia a piangere: " Anch'io domattina voglio andare a levare le calze alla mi' mamma, perchè 'un posso resistere dal freddo che sento ". E se ne vanno a letto.
La, mattina si leva, piglia la zappettina, e va al camposanto. Il povero Cecco, che per tre volte vede quel lavoro, che lui credeva fosse sempre la medesima persona, la discaccia: " Se tu passi, ti picchio! " - " No, Cecco, 'un sono la Stella, nè la Gigia, sono la Meníchina; io sono la più piccina; apritemi per carità, vedrete che 'un ci si verrà più nessuna poi ". Il becchino, raccomanda, raccomanda, gli apre e la fa passare. Lei fa più presto, chè la terra era tanto smossa, e fa: - Poera mi' mammina, guarda come tu siei doventata! 'un ti si riconosce più, non sei rimasta altro che con le calze! Abbi pazienza se io te le levo; ma io 'un posso resistere, perchè sento tanto freddo e 'un posso lavorare. E gliene leva una. Poi gli leva quell'altra; tira, tira, e 'un gli voleva venire; invece della calza sola, gli vien via anche la gamba. Lei, che si vede la gamba della mamma in mano, comincia a urlare, a strepitare. Il becchino fa: - Guarda, poerina, ha più core di quell'altre! ed io birbone 'un la volevo far passare. - Ma stava sempre in lontananza' e non vedeva ciò che aveva fatto questa figliola. Prende la Menichina la su' gamba, la mette sotto il grembiale, e va a casa. Le su' sorelle stavano a vedere a un fesso della finestra mezza socchiusa. La veddono in fondo alla strada, che piangeva.
Eccola la Menichina! Icchè ha fatto che la piange tanto? Si vede che gli è rincresciuto più di noi! - Le vanno incontro per le scale: " Icchè t'ha fatto, poerina, díllo? " " State zitte. Sapessi che m'è seguito! " - " Che t'è seguito? " - " Sono ita per levare una calza alla mamma, e mi è venuta via una gamba ". - " Eh, bada lì, una gamba più, una gamba meno che fa? mettila dietro l'uscio ". Lei smette di piangere, 'un si ricorda più di nulla, e si mettono tutte e tre a lavorare; e lavorano sino vicino le dodici di sera. Gli vien sonno, e vanno a letto. Dopo che son lì per
addormentarsi, sentono picchiare. - Oh Dio! picchiano. 0 chi sarà a quest'ora? 'Un ci conosce nessuno, da noi 'un ci vien nessuno, figuriamoci la notte! - e stanno zitte, 'un rispondono. Per tre sere sentono questo lavoro che qui. La terza sera sentono picchiare più forte: bum bum bum! " Oh Dio! Stella, chi sarà mai? 'Un si va aprire, noi abbiamo paura! " e s'impauriscono più che mai. La più grande fa: " Gigia, va' a aprire ". - " Io non ci vo là ". Quell'altra più piccola fa: " Va' te. Accendi il lume " - " 'Un lo so accendere, ecco ". - " Accendiamo tutte e tre assieme, andiamo ad aprire assieme ". E vanno ad aprire tutte e tre assieme; quando furono vicino all'uscio domandano chi è: " Chi è? " tutte tre assieme. " Apritemi, son la vostra mamma ". - " Oh Dio! l'è la mamma! - Oh costì? - Oh! è venuta a farci una visita. - Oh bene! " Aprono l'uscio, e si vedono comparire la su' mamma, nuda, e senza una gamba. " Oh mamma! o che fate? state bene? " Chi l'abbracciava, chi la baciava. " Mettetevi a sedere, mammina ". Ecco, va la più grande; gli fa. " Poera mammina! chi te l'ha levata la camicia? " - " Te no, poerina ". Ecco, va la mezzana: " Poera mammina! chi te l'ha levata la gonnella? " (Con voce lugubre:) "Te no, poerina ". Ecco, va la più piccina, quella andava più con paura: " Oh poera mammina, chi te l'ha levate le calzine? " - " Te!' Vieni
alla buca con me! ".
Firenze.

Varianti e Ríscontri

Confronta con Saddaedda, n. CXXVIII delle mie Fiabe; con Gamba mea, pepa mea veneziana, e con la simile La coraèla dalle Tradizioni pop. ven. del BERNONI pag. 23 e seg. e in parte con la Cattarinetta, n. 5 de' Márcben und Sagen
Bisogna dirlo forte, da far fare uno scossone.
Dalla Tancreda Ciabatti, che l'ha sentita da una ragazza della
Terra del Sole.
aus Wálschtirol dello SCHNELLER. Una versione di Pratovecchio si legge riassunta nelle mie Novelline pop. toscane, n. III, pag. 14, ove son citati riscontri catalani, francesi,. inglesi, tedeschi ecc.

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