Giucca matto
Un giorno la madre di Giucca doveva uscir fori; dice: " Giucca, tira l'uscio a te, che non entri ladri in casa ". Giucca prese l'uscio, e se lo messe addosso. Allora andò in una boscaglia, e montò in una querce Giucca con l'uscio addosso. Disse: " Mamma, mi pesa, 'un lo posso più portare ". - " Che cosa tu hai? " - " Io ho preso l'uscio ". - " Oh birbone vero! lo dovevi chiudere, te lo sei portato dietro! ".
Allora Giucca prese l'uscio, e lo lasciò andare a tetra.' A piedi a questa querce c'erano tre ladri che contavano quattrini. L'usciò gli andò addosso: tutti scapponno; - Qui c'è il diavolo; bisogna andar via! - Allora scese dalla querce la mamma e Giucca, e presero tutti questi quattrini. Disse Giucca: " Cosa sono questi, mamma, che gli hanno lasciati questi ladri? " - " Hanno lasciato un sacchetto di chiodi ". Prese la mamma i chiodi, e li portò a casa; e Giucca riprese l'uscio sulle spalle. La mamma tutti que' quattrini li messe dentro a una pentola, li messe sotto il letto. Disse: " Bada Giucca, io vado a far la legna; non toccare que' chiodi che ho dentro a quella pentola sotto il letto.' " Lei andò via.
Quando fu andata via la mamma, passò un pentolaio che vendeva pentoli. " Oh pentolaio, che li comprate i chiodi? " - " Altro! se tu me ne porti, io li compro ". E gliene portò. Disse il pentolaio: " Ma questi son quattrini, bambíno, 'un son chiodi ". Rispose Giucca: " La mi' mamma mi ha detto son chiodi, e io li vendo per chiodi ". - " E che tu vòi comprare? " gli disse il pentolaio. " Comprerò tanti pentoli e il ciuco, se me lo date, che avete ". Allora il pentolaio gli diede il ciuco e tutti i pentoli. Giucca prese que' pentoli con una fune, e fece una corona, che toccavano
terra.'
In quel tempo tornò su' madre, e la gli disse: " Icchè t'hai fatto costì, Giucca? " - " l'ho dato quella pentola di chiodi al pentolaio, e lui mi ha dato il ciuco con tutti i pentoli, e ora vo con il ciuco adagio adagio a camminare ".
"Ah birbante, tu m'hai rovinata! erano tutti quattrini,ora
sono povera affatto!' "
Disperata, povera donna, dice: " Giacchè tu hai cotesto ciuco, va' e macinami cotesto sacco di grano ". Giucca prese il grano, lo messe sopra il su' ciuco, e andò al molino. Quando l'ebbe macinato, tornò indietro che doveva traversare un monte. Aprì il sacco e disse: " Crusca a il vento, e farina a casa! " Rimontò il ciuco, e andò a casa. Arriva su' madre: " 0 la farina, dove tu l'hai, Giucca? " - " L'ho mandata a casa per il vento. Non è arrivata? Il vento cammina più di me ". - " Oh birbante! ora bisogna morir di fame, 'un c'è nemmeno il pane ". Giucca andò alla finestra a chiamar la farina, e gli diceva: " Farina, vieni, vieni a casa ". Ma la farina non venne, perchè il vento l'aveva
portata via.
Allora gli disse su, madre: " Vo' vedere se tu me ne fa' una bene: ti manderò a tingere questa tela ". Lo mandò da il tintore. Quando gnene ebbe tinta, il tintore lo rimandò a casa. Quando fu in cima a questo monte, c'era un pruno che tremava tanto da il vento; disse: " Te', pruno, tu tremi tanto, e io son coperto; tieni questa tela, copriti, che non tremerai nemmeno te ". E Giucca gli messe la tela addosso, e se ne tornò a casa. La mamma gli andiede incontro: " La tela dove tu l'hai, Giucca? " Rispose Gíucca: " Ho trovato una macchia di pruni che tremavano tanto dal vento, che 'gli faceva freddo ". - " Ah birbone, ora 'un si ha nè da mangiare, nè da vestirsi "; e si messe a piangere questa povera donna. Giucca la guardò un poco e poi disse: " Andiamo a vedere se la tela l'avranno addosso, perchè gli farà freddo; così la vedrete anche voi ". Andonno n'il monte, ma la tela 'un c'era più sopra i pruni, chè l'avevano portata via. La mamma si messe a piangere fortemente.'
Giucca pensò dentro a il su' pensiero: - La mi' mamma la piange sempre, ma la voglio far ridere un poco io.
La mattina dopo scaldò il forno a pane, e ce la messe dentro. Quando tornò il su' babbo dalla fiera, gli disse: " Babbo, la mamma sempre piange, ma ora ride ". - " Dov'è la mamma? " - " L'ho messa qua nel forno che ride tranquillamente ". Il padre andò a vedere: " Altro che ride! tu l'hai ammazzata! è morta a denti secchi.' Già tu siei stato sempre un matto, e tu sarai sempre matto. Birbone, che non siei altro! Ammazzare la mamma! " Poi disse dentro il su' pensiero: - E se l'ammazzo, icchè fo? ammazzeranno me. - E stiede così senza saper che si fare, pover'omo.
Un giorno, pensa, pensa, e gli viene in pensiero di dargli moglie al su' figliolo: - Se trovassi una donna che gli mettesse un po' di cervello a partito... - " Sai Giucca! ho fatto conto, ora che tu hai ammazzato la mamma, di darti moglie ". - " Come si fa a pigliar moglie "? - " Tu hai a andare a queste contadine che vanno a veglia nella stalla, gli darai le occhiatine, gli dirai le parolíne ". Giucca pensò: - De' mi' occhi ne ho du' soli: se mi cavo i mi' occhi, 'un ci vedrò più. - Andò giù: ci aveva un cento di pecore nella stalla; ad una ad una gnene cavò a tutte. Andò la sera a veglia, e a quelle ragazze gli traventava' questi occl'ii. Fecero le ragazze: " Tu siei un gran porco: traventare gli occhi delle pecore! " Allora Giucca se ne andò a casa. Disse ' padre: " L'hai tu viste quelle ragazze? " - " Sì, l'ho su viste, ho fatto un bel lavoro! " - " Icchè t'hai fatto? " " Mi hanno dato d'il porco ". - " Tu l'avrai toccate, indecente ". - " No, gli tiravo le occhiate ". Disse su' padre:
" Che occhiate gli hai tírato? " - " Sono andato nella stalla, ho preso gli occhi delle pecore, e gnene ho tirati ". " Sarebbe meglio che gli occhi li cavassi a te; come si fa a cavare gli occhi a quelle povere bestie, birbone!' Basta, Vun siei capace a trovar moglie; te la troverò io. Rifai il letto alto, chè stasera ti porterò moglie ". Diceva Giucca, quando su' padre andò via, da sè da sè: - E' mi piacerà la moglie che mi porterà mi' padre! Piacerà a me e piacerò a lei, saremo due piacciaddii...'
E costì Giucca andò a rifare il letto alto, perchè la sera gli portava la moglie suo padre. Allora prese il letto, e diceva tra sè: - Se lo rifò così è basso, se lo rifò cosà è basso. - Prese il letto e lo messe sopra il tetto. Tornò il padre la sera. " L'hai rifatto il letto? " - " Sì, l'ho rifatto ". - " Alto? " - " Più alto 'un lo potevo fare " " Questa è la sposa ". - " Che ne devo fare io della sposa? " - " Andare a letto insieme. Come tu l'hai rifatto il letto? " - " Guardi, babbo, l'è lassù n'il tetto, più alto un lo poteva rifare ". - " Oh matto vero, che tu 'un siei altro! come vuoi tu fare a dormire n'il letto? " Presero il letto, lo portonno giù in camera. Allora andonno giù e cenonno con la sposa (la sposa 'un aveva visto nulla di questo). Quando ebbero cenato: " Sai, Giucca, vai a letto con la tu' sposa; quando siei entrato a letto, dimmelo ". Giucca si spogliò, andò a letto con la sposa. " Babbo, io sono a letto". Disse il padre: "Monta n'il crino della lana". Giucca fece un salto; c'era una cesta di lana, che avevano tosato le pecore, e montò in quel crino di lana. Dice: " Babho, 'un ci posso stare, perchè il crino tringola' con la fune: or ora vo in terra... " Disse il padre: " Dove síei tu montato? Dove tu dici? " - " Son montato quassù ". " Povero mi' tempo! come l'ho speso male! " La sposa si avvidde che lo sposo era pazzo; la mattina se ne volle ritornare a casa sua. Il povero vecchio dal dispiacere in poco tempo morì, e Giucca rifinì tutta la roba di il padre, e andò a morire in Bonifazio.'
Stretta è la foglia, e larga la via, Dite la vostra, che ho detto la mia.
indice
HOME