Il matto
C'era una volta un omo; quest'omo aveva un figliolo matto. Il babbo prima di morire raccomanda il matto a' due fratelli savi. Questi fratelli non sapendo che cosa farne lo mettono a scaldare il forno per il pane. Il matto ci caccia dentro una vecchina che passava.'
Un giorno scopre sotto il letto un pentolino di quattrini de' fratelli; li crede vetri rotti, e li baratta con un pentolaio' I fratelli lo mandano a quel paese, dicendogli: " Tirati la porta dietro e va' via' ". Va in una macchia, e sale sopra un albero con la porta addosso. I ladri vengono a dividersi i quattrini. A lui gli scappa la piscia, e loro credono che la facciano gli angeli; poi gli scappa quella grossa, e credono sempre che siano gli angeli. Finalmente lascia andare la porta, e i ladri scappano. Raccatta lui i quattrini de' ladri, e torna da' fratelli; però non vole restare con loro, e piglia con sè qualche cosa per andare a girare il mondo.' Compra uno schioppo, ammazza una lepre, e va a venderla.
Un pasticciere lo chiama, e lui invece di quattrini, vole mangiare pasticcini a volontà; comincia a mangiare e non smette più, e il pasticciere fu costretto a farlo andar via con la lepre. Passa da un liquorista, e il liquorista vole la lepre. Il matto vuol bere prima a ufo; dopo aver votato diverse bottiglie, si vuole attaccare a un caratello.
C'era una signora alla finestra con la cameriera, e le venne voglia della lepre. Il matto chiese di baciarle il ginocchio, ma invece di baciare il ginocchio comincia a strapazzarla, e la signora si contenta perder la lepre.
Per le scale trova il marito.
" Quanto ne volete della lepre? "
" Nulla, ma dovete dire a vostra moglie: Lo so io quello che mi costa ".
Così fa il marito, e la moglie si disturba. Il marito la interroga, e per non fargli credere peggio, gli dice tutto. Questo marito fa sellare il cavallo, e va a cercare il matto. Il matto s'era informato de' gusti di quell'omo; s'accoccola sopra una merda, fingendo che fosse una nídiata di merli, perchè quello era ghiotto de' merli. E costì gli fa cenno di fare pianino; lo fa scendere da cavallo, e lo mette al suo posto, raccomandandogli di non si muovere se non glielo diceva lui, per lasciargli meglio addormentare i merli. Quell'uomo resta con le mani imbrodolate, e il matto porta via il cavallo.
Pistoia.'
Varianti e Riscontri
Giucca, Gíucco, Ciucco son tutti nomi d'uno stesso personaggio leggendario, che, come si vedrà anche dalla novella XXXVIII, dà luogo all'add. giucco, sciocco, di poco senno, ed
'Da una sposa chiamata Maria Gherardi, la cui narrazione, affrettata in sè stessa, s'è dovuta riassumere conservandone tutte le particolarità.
agli alterati giuccarello, giuccherello. In Toscana poi dicesi giuccata o giuccherìa una scempiaggine, una parola, un atto da sciocco; e giuccate sono le novelline XXX-XXXIX del,,presente volume.
Ecco, frattanto, i riscontri di questo gruppo.
i.FALCHETTO (Fabbriche). - C'era marito e moglie che avevano un figliuolo grullo chiamato Falchetto. Lo mandarono a scuola, ma non apprese nulla. Morto il padre, la madre campava col cucire. Un giorno, andando fuori, si raccomandò a Falchetto che dèsse da mangiare alla chioccia. Falchetto, per far meglio, non solamente diede da mangiare alla chioccia, ma anche, perchè non si gbiacciassero le uova, ci si mise a sedere sopra. " Guarda i tuoi figliuoli come mi han cacato addosso! " disse alla chioccia; " non ci starò più a coprirti le uova ".
Questa stessa storiella di Giucca che siede sulle uova per non farle raffreddare e perdere è pure in Sicilia. Vedi le mie Fiabe, n. CXC: Giufà; 5 10; Giufà e la Hiocca. Anche Bertoldino, lontana la madre, va a sedersi sulle uova delle oche per tenerle calde è far nascere le paperine. Vedi Bertoldino. Lo stesso fa Vardiello nel Cunto de li cunti (I, 4) del BASILE,
2. Gíucca che taglia l'albero standovi sopra è un'amena storiella, che in Salaparuta (prov. di Trapani in Sicilia) si racconta per dar la berta a' Partannesi (vedi le mie Fiabe, n. CL: Lu Partannisi), e che pure si legge nelle Cene del LASCA (Il, 2). Nella prima metà del secolo passato la medesima storiella con notevoli modificazioni venne raccolta in Sicilia ed attribuita ad uno di Patti, che sarebbe andato a far legna nella montagna di Gioiosa. Vedi il mio volumetto di Avvenimenti faceti raccolti da un Anonimo siciliano nella prima metà del secolo XVIII (Palermo, 1885), n. 50: Il mircbio di Patti, pagg. 74-76 e le note delle pagg. 115, 116.
3. L'aneddoto del debitore di tre paoli verso Gíucca è raccontato in senso diverso in Sicilia e fuori. Si tratterebbe d' debiti fatti da Giufà un giorno prima di fingersi morto: debiti che, mentre si conduce per le strade la sua bara, tutti gli condonano, eccetto un solo creditore, il quale gli avea dato un berretto senza esserne stato soddisfatto. Cfr. Fiabe sicil., n ' CXC: Giufà, § 4: Giulà e chiddu di la birritta; C M. ZEZZA, La Villeggiatura in Portici, giorn. III.
4. Giuoca e la statua di gesso corrisponde a Giulà e la statua di gbissu e a Giufà e lu pezzu di lá tila, 5§ 1 e 2 della CXC dell@medesime Fiabe siciliane; al Vardiello, 1, 4 del Cunto de li cunti del BASILE; e giova ravvicinarlo al Giacomino e la pianta dei lagíuoli delle Cinque storie della nonna (Torino, Paravia). Un perfetto riscontro è poi nel Cunto 'e Peruózzolo raccolto in Napoli da V. DELLA SALA, e pubblicato nel G., B. Basile, an. 1, n. 2 pagg. 14-16.
5. Il qui-pro-quo preso da Giucca a proposito dell'uscio è nelle Fiabe del VISENTINI, n. 44: Il ' pazzo (vers. mantovana); nelle Fiabe siciliane, nn. CLXXXIX: Sdirrameddu e CXC: Giulà, 5 9: Giulà, tirati la porta! nelle Nov. pop. bol. della CORONEDI-BERTI: La patalocca; nella Civiltà italiana di Firenze, an. I, n. 3, pagg. 45, 46 (piemontese), an. I, n. 5, pag. 79 (romagnuola), e n. 13, pagg. 203-205 (calabrese). Cfr. inoltre la Novella di Cacasenno.
6. Giucca si fa padrone de' danari de' ladri in tutte le versíoni di questa tradizione. In Sicilia, Giufà urina su d'una grotta, e ciò basta per far fuggire i ladri. Fiabe siciliane, n. CXC, 5 11; Gíulà e li latri; VISZNTINI, n. 44. Il pazzo; DE NINO, n. LXXII; CORONEDI-BERTI, Nov. pop. bolognesi: La patalocca; IMIBRIANI, Novella ' ja milanese, n. X: L'esempi di lader (vedi pure la seconda ediz. della Novellaia fiorentina, pag. 601, nota 5); MOROSI, Studi, pag. 74, III; STRAPAROLA, Tredici piacev. notti, n. XIII, 5. - Nel 57' dei Sicit. Márchen deila GONZENBACH un giovane si lascia cadere una brocca d'acqua, e dice alle varie strisce d'acqua che scorrono: " Cinquecento di qua; quattrocento di là; s'icento da quella via". Sotto ci sono ladri che si stanno dividendo una somma di danaro; credendo che vengano birri, si danno a fuggire e lasciano il giovane padrone di tutto.
7. Anche nel Maiu longu, n. CLXXXVI delle Fiabe siciliane è un baratto molto simile.
8. Giucca che inforna la mamma o la nonna per farla ridere è una storiella che si ripete in più d'una delle novelle del medesimo cielo leggendario.
In Napoli, d'un procidano si riferisce> che, bagnatoglisi per la forte pioggia un agnellino, lo mise ad asciugare in un forno scottante. Il poverino strepitava e digrignava i denti, e l'informatore sclamava: " Cumme ride lu beccu fijuto; nce trova refrigerio! ". E l'agnellino morí ridendo. AMALFI ' Maldicenze paesane nel Giorn. napol. della Domen., an. I, n. 39. Negli Avvenimenti faceti siciliani innanzi citati, sotto il n. 25: Morto cbe ride in Nicosía, un villano nícosioto, assalito dalla pioggia, nel tornare dalla campagna, è messo in forno dalla moglie per-
- siristori; e lì mostrando i denti fa, secondo quella sempliciona,che ne è contenta, bocca da ridere.
- Giucca lancia occhiate. t una storiella che ricorre nelle
novelle dello stesso personaggio. Anche in Sicilia il Giufà della tradizione fa la stessa capestreria.
10. Questo Gíucco, che segue letteralmente gli ordini che gli si danno, richiama a un Filippo Bussi detto Pippo del Castiglioni, vissuto 85 anni fino al tempo in Cui MINUCCI annotava il Malmantile del Lippi. Il qual Pippo fu fiorentino, e stando a' servígi del cav. Vieri da Castíglíone glíene ebbe a fare di tutti i colori. Una volta dissegli il padrone: Sgombrami di casa! (vattene); e Pippo gli mandò a sgomberar la casa con quattro carrettal. Un'altra volta stando in campagna gli ordinò: Va' a Firenze e fatti dare dal sarto il mio vestito, e portalo; Pippo se lo indossò e alla festa di Natale si presentò vestito da cavaliere intanto che il padrone l'attendeva spogliato in camera. Vedi Il Malmantile racquistato di PERLONE ZIPOLI colle note di Puccio LAMONI e d'altri; conforme all'edizione fiorentina del 1750. (In Prato MDCCCXV, stamperia Vanníni), vol. Il, pagine 82-86.
11. Giucca che infilza i pulcini ripete nè più nè meno quello che fanno Sdirrameddu e Maiu lon 'gu nelle Fiabe sicilíane, nn. CLXXXIX e CLXXXVI. Sdirrameddu infila pulcini; Maju longu sfonda e infila pentole. Ma a Sdirrameddu i corvi invece che i pulcini portan via una borsa di color rosso, che egli attende di vedersi restituita.
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