Giovannino senza paura



C'era una volta un omo. Quest'omo aveva un nipote che si chiamava Giovannino, ed era uno stupido, 'un capiva niente; ma 'un aveva paura di nulla.
Quest'omo partì, e lasciò detto a Giovannino, che badasse a' ladri, che non gli portassero via la roba di casa. E lui disse: " Che sono questi ladri? che cosa è questa roba di casa? io non ho paura di niente ".
Eccoti i ladri, gli dicono: " Cosa fai costì, ragazzo? Noi si vòl rubar tutta la roba ". - " E rubatela pure, chi ve lo impedisce? " e si lasciò rubare tutta la roba. Torna il su' zio, e vede che gli avevano spogliato tutta la casa, e dice al suo nipote: " Hai fatto venire i ladri? " - " Ero qui sulla porta. Son venuti i ladri e mi han detto: - Che tu fai costì? no' si vòl rubar tutta la roba. - E chi ve lo impedisce? gli ho detto io; e hanno portato via tutto; io non ci ho che fare ". - " Tu sei un gran stupido! ".
Quest'omo pensò Che aveva un fratello che faceva il prete e gli disse:. "Tu devi andare da tuo zio prete" -
< Che cos'è questo zio prete? io non conosco zii preti, io ci anderò ".
Quest'omo scrive così una lettera a su' fratello, che lui gli avrebbe mandato suo nipote per educarlo; e il fra-
tello gli risponde che l'avesse pure mandato: e ci avrebbe pensato lui.
Giovannin si mette in viaggio, cammina,'
cammina, arriva da suo zio, e suo zio gli era ad aspettarlo.
Eccoti che questo zio gli dice a Giovannino: " Questa sera devi andare a spengere i lumi nella chiesa .
Giovannino dice:
" Cosa sono questi lumi? che cosa è questa chiesa; io'un conosco lumi, io 'un conosco chiesa; io anderò dove volete, 'un ho paura di niente".Eccoti che lui la sera va (aveva detto lo zio che nel tempo che lui era giù a spengere i lumi calassero un corbello pieno di candele accese, e che dicessero:- Chi vòl vedere il cieli, venga qui dentro -). E lui allora cosa fa? Prende un coltello, e sentendo queste voci, arriva e taglia la fune, e dice:
"Tiratemi cu che ci son dentro".
Quegli uomini tiran su, ma 'un sentivano il peso, perché lui aveva strappato la fune e il corbello era caduto a terra.
Eccoti che Giovannino va a casa di suo zio, e suo zio gli dice: " Sei stato a spengere i lumi? - " sì, gli lo spenti; e poi c'era certi grulli che avevano calato il corbello con le candele accese, e che dicevano: chi vol vedere il regno de' cieli, venga qui dentro.E io ho preso un coltello, e ho tagliato la fune, e così essi hanno tirato su il corbello. credendo che ci fossi io, ed invece hanno tirato su la fune ". - " Tu sei un gran grullo! vòl dire che erano angioli, e che quegli angioli avevan calato quel corbello, e chi volesse andar dentro, andava a vedere il regno de' cieli ". Un'altra volta lo zio fissò con gli omini, che uno di
quelli si mettesse in una bara e figurasse morto, e quando lui fosse là, si rammaricasse, ed ora alzasse la testa, ora una gamba, e via discorrendo, " Sissignore, farò tutto ciò che mi comanda ", rispose uno degli omini. Ecco che lo zio dice a suo nipote: " Questa sera vai a far nottata al morto" - "Che cos'è questo morto? che cos'è questa nottata? Io anderò in tutti i posti ". La sera va a guardare il morto. C'era là un lumicino, appena appena che si poteva vedere, perchè gli doveva far paura. Eccoti che quando 'gli era lì, il morto alza una gamba; lui però 'un lo vide con il lumícino piccolo che c'era. Il morto alza la testa, e gli dice: " Son vivo ancora ". Lui allora: " Se tu sei vivo, morirai ora ". Va e piglia il coso' da spengere i lumi, e glielo dà sulla testa, e gli stiaccia il cervello; e così quel pover'omo more. Torna a casa, e suo zio gli dice : " Sei stato a guardare il morto? " - " Sì, e perchè >un era finito di morire, l'ho ammazzato io; ho preso lo spengitoio, e l'ho ammazzato ". Lo zio rimane spaventato a questa notizia; e costì 'un sapendo più come si fare, gli disse: " Vattene, 'un ti voglio più ".
Eccoti che lui si mette in viaggio, e quando l'è a un certo punto, trova du' ladri, e dicono: " Guarda, giovinotto: noi s'ha questo vasetto, che ci si taglia la testa in un minuto, e ci si riappiccica ". - " 'Un è vero nulla ". Eccoti che uno: " Guarda, per farti vedere ". Arriva, si taglia la testa, e poi se la unge con quell'unguento, e se la riappíccica. " Hai veduto? " - " Avete ragione. Quanto volete? " - " Tanto ". E lui gli dà i quattrini, e prende il vasetto.
Quando 'gli ha preso questo vasetto, lui dice: - Adesso voglio far di corpo, voglio vedere se peno meno tempo a far di corpo che a riappiccicarmi la testa. - Arriva, e si taglia la testa, e poi se la riappiccica, e se la riappiccica col davanti di dietro; sicchè si vidde venir fori lo stronzolo dal sedere, e va a casa co' calzoni giù tutto spaventato, e per la strada l'urlava: - Son morto, son morto! - Eccoti che arriva alla casa dello zio, e lo zio a vederlo c(Ssì: " Che cos'hai? " - " 'Un vede! io ho visto una cosa che 'un avea visto mai! Son morto! " - " Ma 'un lo vedi che hai la testa di dietro? " - " Allora tagliatela, e riappiccicatemela, con questo vasetto, davanti " - " Ma ti pare, figliolo! " - " Ma se l'ho fatto anche per la strada questo lavoro? ma ho visto una cosa che mi ha fatto moltissimo spaventare, e perciò son morto ". E costì lo zio arriva e gli taglia la testa, e gliela riappiccica davanti. " Guarda che miracolo; che vasetto! " dice lo zio.
E da quella paura divenne un virtuoso ragazzo; ed allora 'un era stupido come prima, e lo zio diceva sempre:
" Un bastò le paure che gli aveva fatto il su' zio prete, ma però bastò ciò che vidde.
Se ne stessero, e se ne godettero,
E a me nulla mi dettero;
Mi dettero un panierin di vino,
Un fiaschetto di pane,
Un paio di scarpettine rosse,
Andetti a casa e eran tutte rotte.
Firenze.'

Varianti e Riscontri

Una variante siciliana è in GONZENBACH, n. 57: Von dem der sicb vor Nícbts larchtete. Per altri riscontri non italiani vedi la nota del KÓHLER al 57 de' Sic. Mdrcb., II, pagg. 237 e 238. Si legga la novella seguente de' Sette magbi.

'Dalla Paolina Sarti, che l'aveva udita a Livorno, e li raccontò molto distratta.
Sul capo mal riappiccicato vedi la nov. del Novellino dove si racconta d'un cavaliere a cui, secondo si dicea, non mancava altro che l'ira di Dio (cfr. D'ANCONA, Studi di Critica e Storia lett., pagg. 352, 353), e la XLIV delle Sessanta Novelle montalesi del NERUCCI.


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