Il tappeto



C'era una volta un re e una regina, avevano un figliolo; gli volevano tanto tanto bene, e lo contentavano in tutto. Un giorno questo figliolo va da suo padre, e gli dice che lui avrebbe piacere di fare un giro per tutte le città. Contento il re, diede ordine che dove passava lui ci fossero gran feste, che a tutte le finestre ci dovessero essere i tappeti; chi 'un aveva possibilità di tappeti, basta che ci fosse uno straccio, un grembiale, purchè ci fosse l'insegna di qualche cosa alla finestra. Si figuri! chi metteva tovaglie, chi coperte, qualche cosa, basta che obbedissero a questo re; se no, avevano paura di essere puniti.
Passò città per città; dove si tratteneva tre, quattro, otto giorni ',... secondo; e tutti obbedienti agli ordini che avea dato il re.
Ecco che mancava una città sola da passare, e lì non era venuto ordine di nulla; sicchè in fretta e in furia messero gli avvisi, che facessero lo stesso, anzi più del solito, perchè lì il re si tratteneva diversi giorni.
C'era un povero pittore. Sentendo questa cosa, era povero, aveva ventiquattro figliole, e tutte erano da maritare; e non sortivano mai, perchè eran tanto povere, 'un aveano da vestire, e non praticavano mai nessuno. Va fori questo povero pittore, legge gli avvisi, e sente questa cosa che qui; lui, tutto sgomento, torna a casa. Le figliole vedendo suo padre afflitto in quella maniera, gli domandano cosa avesse avuto. Il padre, per non affliggerle tanto: " Io 'un ho nulla, 'un ho avuto nulla; ho un poco di uggia ". Loro, non persuase di questo, volsero sapere cosa aveva fatto. Allora gli dice che fra tre giorni dovea pas sare il re; che per tutte le finestre ci dovevano esser i tappeti: o poveri o ricchi, dovevano aver qualcosa alle finestre, se no sarebbero stati castigati. Queste povere figliole lo consolarono: " State zitto, babbo, si rimedierà anche a questa ". Si messero tutte insieme a pensare cosa potevano fare. Gli venne in mente che ci avevano uno stanzino, che ci avevano diversi cenci di tutti i colori. Si mettono lì in fretta e furia, e fanno questo tappeto, e gli viene magnifico. Il su' babbo resta contentissimo; per esser più bello, lui che fa? dipinge tutte le sue ragazze in quel tappeto, e nel mezzo ci si dipinge lui.
La mattina che doveva arrivare il re, lo mette alla finestra. La sua era una casucola, con certe finestrucce; tutti rimanevano di vedere questo bel tappeto, a una casa così miserabile; e tutti: " Guarda che bel tappeto ha il pittore! come ha fatto a farlo? Dice: E' tanto povero! 'Un è vero, perchè chi sa quanto gli costerà! " Chi diceva una cosa, e chi diceva un'altra.
Finalmente passa il re con tutto il seguito, con grande festa, tutti gli buttan fiori da tutte le parti. Il re, vedendo questo tappeto a questa finestra, resta meravigliato; ma poi, vedendo tutte quelle figure d'intorno, si dubitò che fosse una satira per lui. Non vedendo nessuno a cotesta finestra, si dubitò più che mai. Fa fermare la carrozza, e fa scendere l'aiutante di campo, e gli dice che domandi a chi appartiene questo tappeto, e chi ci sta in quella casa. Accanto a questa casa c'era una botteguccia d'un ciabattino.
S'accosta a questo povero vecchiaccio, che stava lì tutto rannicchiato a vedere il re; questo povero ciabattino, vedendosi apparire questo signore, si dubita qualche cosa che avesse disobbedito. L'aiutante se ne avvide, e disse: " 'Un vi disturbate, bon vecchio; ditemi soltanto: a chi appartiene quel tappeto, e chi ci sta in quella casa? " - " Eh! chi vòl che ci stia, caro signore? Vedete: è meschina; ci sta un povero pittore, che ha ventiquattro figliole. Vedete quelle che vedete costì in quel tappeto; son tutte loro, e quello del mezzo è su' padre ".
L'aiutante gli risponde: " Sicchè saranno tutte da maritare? " - " Eh! Signore! chi vòl che'le prenda? Son tanto povere! e poi 'un si fanno vedere mai da nessuno, 'un sorton mai. Pur troppo quel pover'omo le mariterebbe, ma come ha a fare a        far questo? "
L'aiutante lo ringrazia: " Grazie, bon vecchio! " Difatti lui rientra in carrozza, e gli dice tutto al re di quanto udito dalciabattino. Il re rimase tanto confuso,
tanto dispiacente, di sentire che in una città in quella maniera ci fosse una famiglia in tanta miseria! E non fa più una parola.
Arriva al palazzo; lì sì che c'era preparato per far le feste: un gran pranzo, tutto ammannito di fiori, di gran bande c'era; festa da ballo; ma lui 'un si divertiva, pensando sempre a questa cosa, sempre confuso, e andava dicendo: - Guardate! io in mezzo a gran ricchezze, a gran feste e loro poverine, chi sa quanto soffrono! -
I suoi amici, i suoi genitori (che erano venuti con lui) se ne avvidero di tanta confusione; e gli domandarono cosa aveva. " lo non ho niente ", dice lui. - " Allora perchè 'un ti diverti? perchè non stai allegro? ".
Tutti i suoi amici d'intorno, anche i genitori, a pregarlo che volesse dire se avea ricevuto qualche cosa. Allora il re, vedendo i suoi genitori in tanto dispiacere, gli racconta il fatto: le condizioni di questa povera famiglia.
'Un dubitare ", gli dicono i genitori, " si rimedierà a tutto, se non vòi altro che maritare queste povere figliole! si rimedierà a tutto! " E gli dicono che quando sarà finite le feste, manderanno a chiamare queste povere figliole, e penserà lui di maritarle.
Difatti finisce le feste, manda a chiamare per un servitore questo pittore, che si presentasse a il re, che lo volea vedere. Il pittore va al palazzo reale, e domanda a Sua Maestà cosa voleva . Il re gli domanda se era vero che era pittore, e quante figliole aveva. " Ah Maestà! ventiquattro! " - " Ditemi galantomo: che le maríteresti? " " Altro se le mariterei? mi leverebbero di tanti pensieri! Povere creature, soffron tanto! " - " State zitto, galantomo; vedrete, sarete consolato ". Gli dà una borsa di quattrini, e lo manda via, e gli dice che tra otto giorni portasse tutte queste figliole.
Lui va a casa; si trovava sgomento più del solito. (Le su' figliole 'un vedevano mai nessuno; la prima volta presentarsi al re! ... ) E le figliole dicono: " Cos'avete, babbo, oggi, che siete più sgomento del solito? Che c'è qualcos'altro di novo? Non ci tenete così tanto male ". - " Vu' sapessi, figliole! sono stato da il re, e mi ha detto che fra otto giorni vi porti tutte là, e vi vòl maritare. Mi ha dato tutti questi quattrini; intanto vi farete un vestituccio per uno per esser più pulite ". - " Che vi spaventate tanto! Anzi sarà meglio per noi! 'Un vi sgomentate, babbo; fatevi coraggio ".
E costì si ripulirono tutte perbene; la mattina dicono di andare da il re, e vanno via.
Il re aveva dato ordine che quando si presentassero queste fanciulle, un facessero movimenti di nulla, se no si avrebbe messo a ridere. Sfido io a vedere ventiquattro figliole! Le fanno passar in una gran sala; il re va a udienza; sona il campanello, e fa passare la più grande. La si figuri ritrovandosi alla presenza del re! " Venite avanti, venite avanti, fanciulla, non temete di nulla. Ditemi: come vi chiamate?' " - " Cesira ". - " Quant'annì avete? " - " Diciannove ". - " Ditemi: vi mariteresti? " Lei con temenza: " Siir ", e fa un po' d'acqua. " Andate, andate, sarete bona per il mio muratore "; e , la fa passare in un'altra stanza, perchè 'un vedessero le altre sorelle. Aveva preparate tre stanze.
Ne fa passare un'altra. Questa sì che aveva temenza più di quell'altra. " Venite avanti, venite avanti, fanciulla, non temete di niente. Ditemi: come vi chiamate? " " Frivolina ". - " Quant'anni avete? " - " Diciotto " - " Vi mariteresti volentieri? " - " Sissignore... " e fa un peto. "Oh andate, andate, sarete bona per il mi' fabbro ".
Quante ne ho dette? - (Ci sarà chi risponderà): Due.
Bacia il sedere a quell'altre ventidue. (Se invece di una rispondono più persone, allora si fa: ) Baciate il sedere a quell'altre ventidue.
Firenze.

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