Il porco e il castrato



In un paesetto che si chiama Còmpito
(questo paesetto resta presso il convento della Verna) c'era una famiglia composta del padre, della madre e figliolo. Questo figliolo era un poco stupido. Un giorno tornò a casa: " Sapete! i' voglio prender moglie ". I genitori: " Cosa? tu vòi prender moglie? Chi ti dà i quattrini per fare la veste alla sposa? " - " Si venderà il maiale; lunedì vado alla fiera alla Pieve a Santo Stefano, e vendo il maiale ".
Quando fu la domenica si parte da casa per andare alla Pieve. Quando fu in prossimità del convento della Verna, c'erano du' frati sulla porta del convento. Uno di questi frati disse all'altro: " Ecco il matto di Còmpito (che era chiamato così) con un maiale davanti; vagli incontro e digli che è un castrato; lui dirà che è un porco. Tu hai a scommettere dieci scudi, e fallo giudicare a me, e gli si leverà il maiale ".
Come difatti, quando e' si fu avvicinato: " Ohi! o dove tu vai con questo castrato? " - " Che castrato! L'è un porco ". - " Ma che porco e non porco! L'è un castrato ". " Ma no, che l'è un porco! " - " 'Un lo vedi che è un castrato? lo scommetto dieci scudi, e te il porco, e lo faremo giudicare a quíl frate che è sulla porta ".
Come difatti, arrivati alla porta del convento: " Oh padrino, l'è un porco o un castrato questo? " - " 'Un lo lo vedi che è un castrato! " Così il matto perdette la scommessa e rimase senza del porco.
Questo povero disgraziato 'un sapendo come si fare a tornare a casa, stiede tutta la notte e la notte dipoi vagando per la campagna, studiando la scusa per poter tornare a casa. Tornato a casa, i genitori gli domandarono cosa aveva fatto del porco; e lui gli disse che l'aveva venduto, e venduro bene; ma i danari doveva tornare tra otto giorni a prenderli, che sarebbe stato l'altro lunedì.
Compiti gli otto giorni, si veste da muratore prendendo in una sporta tutti gli arnesi necessari, e si mette a guardare con ammirazione il soffitto della chiesa, facendo degli accenni.
Il sagrestano, vedendo quest'omo che guardava il soffitto con ammirazione, gli domandò cosa guardava. E lui gli rispose: " Non vedete che que' du' travi sono intarlati, che a momenti stanno per cadere! "
Allora il sagrestano, sentendo questo, menò il finto muratore dal padre guardiano, e lui gli fece conoscere che faceva anche da falegname, e che avrebbe fatto questo lavoro per il semplice vitto, purchè du' frati l'aiutassero ad andare nel bosco a tagliare gli alberi. Allora il padre guardiano gli diede ordine che scegliesse du' frati a su' piacere. Lui scelse que' due che gli avevano portato via il porco.
Giunto che fu nel bosco, scelse la più bella pianta di abeto che paresse a lui capace per fare un trave; uno de' frati, con una scusa, gli riuscì legarlo a questo abeto; l'altro frate lo menò a molta distanza a scegliere un altro abeto, e ce lo legò con il medesimo pretesto dell'altro. Quando lo ebbe legato ben bene, prese un pezzo di legno, e cominciò a menare bastonate, dicendo: " L'è un porco o un castrato? L'è un porco o un castrato? ".
Il frate quando si avvide che l'era il matto di Còmpito, si cominciò a raccomandare, che nella manica del vestito ci aveva de' denari, che gli pigliasse tutti, purchè gli lasciasse la vita,

Ora andò a trovare l'altro frate; e con la stessa canzone: " L'è un porco o un castrato? " e bastonate; quell'altro frate gli si raccomandò che gli lasciasse la vita che gli avrebbe dato tutti i danari che aveva addosso. Lasciando anche quel frate sempre legato, quando ebbe preso i danari, se ne andò a casa portando tutti i quattrini, che i genitori , rimasero meravigliati che gli avesse venduto così a caro prezzo il porco. Rispose: " Questo 'un è nulla, me ne debbono dare degli altri ".
La sera i frati, non vedendo ritornare i compagni, li andarono a cercare nel bosco, e li trovarono tutti malconci; questi poveri frati gli dissero che quel birbone del matto di Còmpito li aveva bastonati, ma 'un gli dissero mai più il motivo delle bastonate.
Passò un par di giorni, e cosa fa questo matto bischerone? si veste tutto di nero, piglia un legno, entra dentro la chiesa della 'Verna. Entra in chiesa, si mette a guardare (giusto facevano delle funzioni); poi chiede al padre guardiano se gli dava qualche giorno di alloggio, che era un professore di medicina di Firenze. Il padre guardiano, sentendo che era un professore di medicina gli raccontò il fatto di questi frati, che un birbone li aveva bastonati; se gli faceva il favore di visitarli. Il professore, visitato i due infermi, disse che l'arte medica 'un gli poteva più niente, che andassero in chiesa, esponessero il Santissimo, e facessero gran preghiere per ottenere la grazia della guarigione.
Mentre che i frati erano tutti in chiesa a pregare, prese un bastone che era nella cella del frate, e cominciò a bastonare dicendo: " L'è un porco o un castrato? L'è un porco o un castrato? " Il frate riconoscendo il matto di Còmpito cominciò a raccomandarsi dicendo: " Prendi tutti i quattrini che sono in quel cassettino là, e lasciami la vita! " Poi andò a trovare quell'altro frate, e gli fece lo stesso; poi scappò via dal convento.
Ifrati, ritornando dalle preghiere e andando nelle celle, credendo di trovare i fratelli che stessero meglio, li trovarono peggiorati. Allora i du' frati raccontarono che il finto medico che li aveva di nuovo bastonati era il matto di Còmpito; e furono costretti a confessare al padre guardiano il motivo che lui l'aveva con questi frati.
Il guardiano radunò un consiglio: - Questo matto L'ha presa con la nostra religione; noi 'un saremo più padroni di andar fori. -
Due frati coraggiosi andarono a casa a portargli cento scudi, e arrivarono alla sera. " Che sta qui il tal di tale? " - "Passino, passino, padrini". - "Ci ha mandato il padre guardiano della Verna con questi cento scudi, ma con questo che la 'un molesti più i nostri fratelli della nostra religione ". - " Ah, ma che le pare! stiano tranquilli, io 'un li molesterò più... vengano a cena; debbono stare stasera a cena con me ". Come difatti, i frati accettarono il bon core del matto di Còmpito.
Questo matto per ischerzo aveva fatto un fantoccio, e poi l'aveva squartato e gli aveva dato la figura di pezzi di carne umana; e lo aveva attaccato al palco. I frati sospettosi, mentre mangiavano, guardavano così quelli che sembravano a loro pezzi di carne umana. Il matto, avvenutosi che i frati erano impauriti alla vista di quel fantoccio, disse: " Cosa guardate, padrini? 'Un è niente, sapete! l'altra sera diedi alloggio a un poverello; mi cacò a letto, che è il peggio dispetto che mi possin fare; io l'ammazzai, lo squartai, lo
salai, e poi me lo mangio ".
Figurateví la paura di que' poveri frati a queste parole.
Giunta l'ora di andare a letto, il matto gli accompagnò nella sua camera, dandogli la bona notte e dicendogli: " Attenti, padrini, a non cacare a letto, altrimenti vi tocca la stessa sorte del poverello ". Cosa pensa di fare questo matto becco cornuto! Mentre
I frati dormivano nella grossa, prende un pignatto, ci disfà un poco di farina di castagne, poi piano piano con un cúcchiaio ne prende una cucchiaiata e la mette nel sedere a' frati.
Il primo a destarsi fu fra Giacomino. " Oh fra Ignazio ", fa, " ho cacato a letto! " - " Oh fra Giacomino, anch'io! Oh per l'amor di Dio, come si fa? " Cominciarono a raccomandarsi a' santi. " Qui bisogna cercare di salvarsi... saltar dalla finestra ". - " Ma come tu vòi fare? 'Un c'è nulla! " L'altro frate: " Leghiamo i lenzuoli assieme, tu mi calerai, e poi anderò a vedere se trovo una scala per salvarsi; se no, questo matto ci ammazza tutti e due ".
Quando fra Ignazio fu in terra, cerca cerca per vedere se trovava una scala, 'un gli riesci di trovarla. Girò la casa, e sotto una finestra vedde una mucchia di roba... di quella roba che levano quando hanno strinto il vino... que' gusci dell'uva... come si chiama? - Vinaccia. (Qualcheduno che ascolta risponderà.) - E un corno in e... bon pro ti faccia.'

Firenze.

Varianti e Riscontri

ILBECCO (Pratovecchio). - Un frate dà ad intendere a un contadino che il becco era un vitello; ed il contadino se ne vendica fingendosi medico, e in altri modi. Picchiando egli il frate diceva: " Frate porco! ".

Una te ne do, una te ne assello.
  1. Cos'era:un becco o un vitello? "


Come si vede, questa novella finisce in chiapparello.
Raccontata da un custode del Teatro Pagliano, che ha servito quarant'anni come guardia doganale girando per tutti i posti del Granducato, specialmente per quelli del confine. Egli l'avea udita dall'oste delle Balze, che è a poche miglia dal monastero dell'Alvernía, cioè, secondo lui, sul campo dell'azione. Il matto d'Alvernia in Sicilia è un calzolaio, il quale anche lui, finto medico, picchia di santa ragione un frate che gli avea involato un maiale. e questa novella corre sotto i titoli di Lu scarparu, Lu sctirparu medicu, Lu scarparu e lu priuri. In qualche'luogo il calzolaio si traveste da donna. Vedine un riscontro nelle mie Fiabe siciliane, n. CLXII: Lu scarparu e li monaci. Altra versione siciliana è in GONZENBACII, Sicii. Márcb., n. 82: Díe Gescbicbte voni klugen Peppe. In Roma il matho è un turco-medico che bastona orribilmente un'ostessa. Vedi BUSK, Folk-Lore of Rome: A yard of Nose. Il fondo è nel 18' de' Volksmdrchen aus Venetien di WIDTER e WOPF: Die beiden Gevattern.


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