I tre arcipressi



C'era una volta un re, e gli avea tre figlioli. Il maggiore la mattina si levò, e disse, alla sua madre, che voleva andar a girare il mondo.
-" 0 figliolo mio, dove volete andare? vol dire se voi andate via, io 'un vi veggo più ".
" La senta, signora madre: quando io sarò morto, la guardi il primo arcipresso che è nel giardino, si seccherà ".
Dunque, piglia di gran quatrini, un bravo cavallo e va via. Camminò tre giorni; quando fu per una strada, trovò una bellissima pietra, dove era scritto: non più esulte.' E lui rispose: - " E io voglio esulte ".

Quando ebbe detto così, scappò un grosso mago:

-" Ah birbante, tu voi passare; tu 'un passerai; ci si deve battere insieme ".

Appena che l'ebbe toccato, rimase 'na statua.
La mattina la su mamma si affaccia alla finestra del giardino, e vede l'arcipresso (secco), e si mise a piangere.
Il fratello secondo disse: " Signora madre, anderò io a ritrovare il mio fratello ".

- " Oh 'un andare! tu farai come ha fatto lui. "
Ma non gli volea dar retta; prese un bravo cavallo anche lui, e di gran quattrini, e partì, e gli disse prima di partire: - " Se mai 'un tornassi, se fosse secco l'arcipresso, vuol dire che sarò morto anche io. "
Cammina tre giorni anche lui, prese l'istessa strada; quando fu a questa pietra, lesse come fece il su' fratello e ci dice: non più esulti.

-" E io voglio esulti ", rispose. Scappa questo mago!
- Ah birbante! vuoi passare anche te, tu non passerai:ti ci devi battere. "
Si messero a battersi, e restò ferito questo giovane, e diventò una statua.

Eccoti che la sua mamma si affaccia alla finestra la mattina, e vede quest'altro arcipresso secco.

-" Ah che gli è morto anche quest'altro di mio figliolo! " A disperarsi questa donna!
Il fratello minore:
" Oh mamma, io voglio andare a trovarli! "
" Oh poverina! di tre figlioli rimarrò senza punti!
Tu 'un andar, tu 'un andare... "
-" lo voglio andare "; e parte con un cavallo e di molti quattrini.
Piglia la solita strada che prese quegli altri; quando fu in mezzo a un bosco, trovò un vecchietto.
- " Dove vai, bel giovane? "
-" lo vo a trovare i miei fratelli, che è tanto tempo che andarono via, e non si sono più visti, vo a veder se son morti ".

-" Tu li ritroverai> ma anderai anche te a far compagnia con loro ".
-" Ditemi qualche cosa, buon vecchio; se voi sapeste qualcosa, dove fussero i miei fratelli... "
-" Sai, io lo so dove sono; tieni questo spadino: tu camminerai un'altra giornata; e poi ti troverai in mezzo a una strada, dove è una pietra scritta, che ci si dirà non più esulta: e tu l'ha' a dire: io voglio esulta, e scapperà fora un mago, e dirà: - Ah birbante! tu hai anche delle ragioni; battiamoci se tu vuoi passare.
Tu vedrai con questo spadino, tu combatterai un pezzo, ma poi tu vincerai. Quando tu l'avrai ammazzato, con quel sangue tocca tutte quelle statue che è lì all'intorno. " Costì ringrazia il vecchio, e parte.
Arrivato che fu a questa strada, trovò questa pietra e legge, e ci si diceva: non più esulti; - " Ed io voglio esulti " rispose lui. Scappa questo mago:
-" Ah birbante! anche te sei venuto con le ragíonacce? battiamoci! "
E costì si messero a battersi, batti, batti, morì il mago. E costì con il sangue di questo mago toccò queste statue; e doventonno tutti personaggi, risuscitarono tutti. E i primi furono i suoi due fratelli; c'erano principi, re, tutti lo volevano menare a casa sua, ma lui ringraziò tutti, non volse andare con nessuno: - " Voglio girare un po' di mondo, ho girato troppo poco ".
Anco i suoi fratelli volevano andare dreto a lui, e disse: " Andate a casa voialtri, che non siete capaci a girare il mondo ".
Loro tornarono a casa, e lui seguitò il viaggio, e arrivato che fu in una città, era tutta abbrunita questa città.
Domanda agli abitanti in che maniera era abbrunita questa città?
Egli si risponde: " Il re di questa città aveva tre figliole, un giorno andettero a spasso per il giardino, gli furono portate via.
In tutto il mondo li ha cercato, non li ha potuti ritrovare. Quello che li ritrova, gliene dà una a scelta a piacer
suo",
Dunque, questo si porta da il re, e dice che si impegna
andare a trovare le su' figliole.
- " Bene, se te ti riesce di trovare, piglierai quella che ti        piacerà più, e ti farò ricco come sono io ".
Gli dà di gran quattrini, perchè potesse girare (i suoi li        aveva finiti), e parte. Cammina, cammina, cammina, si
ritrova in un folto bosco, e costì si rifece buio, 'un sapea dove l'era.
-" Mi tocca a morire sta notte in questo boscaccio: gli animali che ci sarà, mi mangiano. " Quando fu du', tre ore di notte, si buttò sotto un faggio. Quando fu la mezzanotte sente uno scatenio che ci pareva tutti i diavoli dell'inferno.
- " Oh povero a me! ora ci sono! "
E sempre lo scatenio si approssimava, quando fu vicino sente che questo scatenio si ferma, sente dire: apríti faggio, apriti faggio, apriti faggio, tre volte, e lui attento addove era questa voce, e vede tre faggi ma belli in fila. Quando si fu fatto giorno, s'approssimò a questi faggi. Va e fa: faggio, apriti!
Il faggio si aprì e c'era una bellissima ragazza dentro. Appena si aprì, gli disse:
-" Oh povero disgraziato, anche tu sei venuto a tribolare con noi! Sappi che noi altre eravamo figliole di un re; siamo tre sorelle; questo mago ci portò via, e ci tiene chiuse in questi faggi; è innamorato della più piccina, e finchè non ci promette di sposarla, ci tiene sempre qui rinserrate, e ci dà un pezzo di pane e un po' di acqua, e niente altro ogni giorno ".
-" A me mi ha mandato suo padre per avere se io li posso portar via ".
-" Oh sarà tutto inutile! Basta, senti la più piccina, va all'ultimo faggio, e senti che ti dice lei, chè lui è innamorato di lei, forse qualcosa potrà sapere ".
Va dall'ultimo faggio, dice: Faggio, apriti!
Il faggio s'apre; se quella che aveva visto era bella, questa passava il segno.
-" Oh disgraziato! gli dice anche lei, ora arriverà il mago, ti mangia ".

- " Io sono venuto per portarla via. "
-" Oh sarà tutto inutile! Ma basta, torna domattina che qualcosa ti potrò dire. "
Questo si ritirò. Eccotí, quando fu la mezzanotte, eccori il mago. Va dalle sorelle maggiori, e gli dà il pane e l'acqua come era solito di dargli, e poi va dalla piccolina che si chiama Carolina.
-" Insomma, gli dice, quando mi hai tu a sposare, Carolina? "
-" Io vi sposerei volentieri, ma quando vi avrò sposato, ho paura che voi campiate poco ".
" Oh sciagurata! io non muoio mai. "
" Già non morite mai! come mai? raccontatemelo ".
- " No tu mi tradisci ".
- " Come faccio a dirlo, se sono qui serrata? "
-" Senti: a volere che muoia io, senti quante cose che ci vuole: io stò in quella villa su quel monte lassù. C'è un bellissimo prato> c'è una lepre in questo prato; bisogna che l'ammazzino, e nel ventre ci ha una chiave. Bisogna che piglino questa chiave, e che aprino un cancello (chè c'è un bellissimo cortile nel mio palazzo). Aperto che gli hanno il cancello, c'è un bellissimo leone, bisogna che piglino un pane e un fiasco di vino, mangiato che avrà quella zuppa, s'addormenta perchè s'ubbriaca, bisogna che l'ammazzino, e sventrarlo; dentro il su' ventre c'è un ovo; bisogna che piglino quell'ovo, e che me lo schiaccino in fronte, allora son bello e morto. E' egli possibile, Carolina, che possino far questo? lo non moro mai ".
" Oh bravo! ora son contenta " - dice lei.
E costì la lascia, e torna a casa sua il mago. Il giovane che gli era poco distante, riposto fra gli alberi, l'aveva capito ogni cosa. Va della ragazza, e gli fa la spiegazione che l'avea capito tutto.
-" Senti, Carolina, gli dice, in questo bosco non posso trovare nè pane nè vino; guarda se te lo porta il mago. Stasera quando ritornerà il mago, tu gli hai a dire che così tu 'un puoi ricampare, che ti porti del vino bono e più pane ". E lei gli promette di far tutto quello che gli diceva.
Eccoti che la notte torna il mago, e gli dice.
- " Ma insomma, Carolína, quando mi sposi tu? "
-" La senta, io la sposerò, ma mi deve portare un po' più pane, e un fiasco di vino bono, che mi ristabilisco un poco, che è tanto che mi tiene così a pane ed acqua. " - " Eh bada Carolina, tu mi tradirai! " - " Le par egli che lo voglia tradire! Non mi par vero che mi porti via di qui sempre serrata! "
Bene, stasera te lo porterò. "
La mattina il mago va, prende un fiasco di vino che avrà avuto 10 anni, un bel pane, un bel piatto grande che potesse far la zuppa, e parte il mago.
Eccoti che ci va il giovanotto, che era riposto, appena che va via il mago, e gli consegna a lui questo pane e questo fiasco. Arrivato che fu lassù a questo bellissimo palazzo: attento vede la lepre, gli tira e la chiappa la sventra e trova questa chiave.
Il mago arriva a sentirsi un po' più debole, e allora, ad ammalarsi, e si butta sopra il letto.
- " Ah, Carolina, tu m'hai tradito! "
Ma 'un si poteva più rizzare.
Affetta questo pane in questo piatto grande, gli butta questo vino, gli apre questo cancello dove era questo leone; questo leone, dalla gran fame che gli aveva, quando vedde questa zuppa, si messe subito a mangiarla. Appena che l'ebbe mangiata, s'ubbriacò, e si addormentò.
Questo, lesto, con quello spadino che l'aveva, l'ammazzò. Sventrò e prese quell'ovo, che l'aveva nel ventre.
AJ'Iora il mago 'un aveva più fiato; diceva: - " Carolina, tu m'hai tradito, son morto! " E lui entrò in camera, " tu sei morto davvero, tu sei nelle mie mani " piglia quell'ovo, e glielo stíaccia nel viso, allora il mago rimase subito morto. E lui via subito da quella ragazza. Apre il faggio, e prese le ragazze, e le portò nel palazzo del mago lassù.
Mandò subito un espresso al su' padre di queste ragazze: che l'aveva ritrovate, che le avesse mandato subito le carrozze.. Il re spedì subito un gran seguito di carrozze a pigliare le su' figliole: una grande allegria.
Arrivate che furono alla città, il re disse: - " Scegliete, pigliate quella che più vi piace "; la piccina era la più bellina:        scelse quella.
Fecero le nozze e un bel convito, a me mi toccò un bel topo arrostito.'

Varianti e Riscontri

Fatone (Firenze)

Tre fratelli trovano un palazzo, dove c'è da mangiare e dormire senza vedere nessuno. Uno per volta apparecchiano da desinare, ma da una bodola esce il Fatone che divora tutto per sè e picchia di santa ragione i primi due malcapítati fratelli. Il primo prepara ed apparecchia roba in gran quantità anche per il Fatone, che lo rispetta; l'ubbriaca e lo ferisce d'un colpo di spada. Dopo alcuni mesi si fa calare dentro la botola; il Fatone guarda tre principesse ed è gravemente ferito. Le principesse gl'insegnano come farlo morire spegnendo un lume. Liberate le principesse, le fa tirar su dai fratelli, che l'abbandonano nel sotterraneo, dal quale esce con l'aiuto d'un pappagallo fratello delle tre principesse.
In una versione di Livorno col titolo I quattro mori, una ragazza guardata da una balena, con astuzia cava alla stessa il segreto per farla morire, e lo insegna allo amante.
La nostra novella corre più propriamente col titolo I tre faggi. Ne' Tre cipressi, n. XIX delle Novelline di S. Stefano del DE GUBERNATIS, sono tre cipressi che seccano quando i tre avventurieri capitano male; ma il fondo della novella è diverso. Nelle varie novelle italiane invece di alberi sono anelli con pietre preziose lucenti, offuscandosi le quali s'ha un indizio di sventura toccata al giovane avventuriere. Le parole: Apriti faggio! richiamano al Grapíti cicca (o pipi) e cbiuiti cicca (o pipi) delle nov. siciliane. V. GONZENBACH, n. 79;
PITRT, CVIII.
Nell'Orco della Novellaia fiorentina dell'IMBRIANI una bambina impara dall'orco ad ammazzarlo schiacciando un uovo. Tra le varianti della novella citeremo La Nuvolaccia, n. XXXII delle Novelline Italiane del COMPARETTI; Die Gescbichte von dem Kaulmannssobnne Peppino n. 16 dei Sic. Márchen della GONZENBACH, specialmente per tutta la parte che si riferisce
alla uccisione del mago, alla quale il KólíLER, VOI. II, pag. 215 e 516, fa una nota di ravvicinamenti e riscontri con altre novelle europee, ed altra ne cita stata fatta da lui a proposito del 1 e 2 de' Popular Tales of the West-Hingblands (Edinburgh, 1860-62) nell'Orient und Occident del BENFEY. In una versione siciliana inedita di Erice il mago, o drago, o gigante, ha la vita legata a un uovo, stringendo o schiacciando il quale, egli si sente stringere la testa o schiacciarla. Questa circostanze è pure in altre novelle italiane: nel 6 de' Sicil. Márch. il gigante muore per un uovo di drago che gli si lancia sulla fronte.

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