La novella di Oimé
C'era una volta una regina, che era molto avara, e non dava mai il becco d'un quattrino a nessuno. Questa regina desiderava di avere un figlio, e per questo desiderio andava ogni giorno alla chiesa a pregar Dio per ottenerlo. Nell'andare alla chiesa incontrò una mattina una povera vecchiarella, che con voce piagnolenta gli chiese la limosina; la regina con cattivo garbo gli disse: - " Gran noiosi che sono i poveri! " - e gli diede un quattrino.
La mattina dipoi rincontrò la solita vecchia, che di novo gli chiese la limosina, e lei gli disse: - " Non ve la diedi ieri? non sapete che siete noiosi! ".
" Maestà, con un quattrino c'è da far poca strada ".
" Bene, eccotene un altro ".
E di novo, la mattina dopo, la vecchia ritornò a chiedere la límosina. La regina, annoiata, la scacciò con cattiva maniera. La vecchia allora gli disse: - " Tu vai alla chiesa per ottenere un figlio: l'avrai, ma non lo goderai ", e se n'andò.
La regina, colpita da queste parole, le fece correre dietro offrendogli del denaro; ma la vecchia non si trovò più.
In capo a nove mesi la regina partorì un bellissimo maschio, e per quello che gli avea detto la vecchia gli pose nome: Oimè!
Si può considerare quante cure si avessero a codesto bambino; ma inutile, perchè una mattina che la sua nutrice l'aveva sulle ginocchia in una sala terrena, comparve un grosso cane, prese il bambino in bocca, e se ne fuggì. La nutrice urlò, ci corse dietro per avere il bambino, ma tútto fu invano.
A questa novella la regina rimase; ma, come c'era preparata, non disse nulla. Seguìto ciò, la regina divenne tanto buona, elemosiniera, che non c'era poverello che non fosse da lei beneficato.
Lasciamo questa regina così convertita, e parliamo di un pover'omo di campagna che era rimasto vedovo con tre figlie. Per dar da mangiare a queste sue creature, gli conveniva andare per i boschi a rubare delle legna per poi venderle. Per un pezzo durò codesta storia, ma i padronali se ne accorsero e tutti gli promisero che se l'avessero ritrovato nel suo podere, l'avrebbero legnato. Un giorno codesto pover'omo, non sapendo dove darsi la testa, chiamò le tre figlie, e gli disse: - " Figlie mie, bisogna che mettiate il capo a partito, e cerchiate di guadagnarvi il pane; io non posso più darvelo ". Le tre fanciulline si misero a piangere: - " Sì, faremo tutto quello che potremo, ma almeno per oggi procuratecelo da mangiare". - "E come fare? in qualunque luogo che mi presenti, mi hanno minacciato di legnarmi! ".
Ma prega, prega; il poveretto prese il su' asinello e se ne andiede cercando bona ventura. Vagando per la campagna, vidde un bellissimo giardino, che apparteneva a una magnifica villa. Si accostò e vidde della bellissima insalata, che per la stagione che correva era una rarità, e il povero vecchio diceva fra sè: - " Se ne potessi avere un poca, potrei prender de' danari e portare il pane alle mi' sciagurate figliole ". S'accostò al cancello, e lo trovò aperto. Lo spinse pían pianino, e vi entrò. Guarda da tutte le parti, e non vedendo nessuno, si mette a cogliere l'insalata, e riempì i corbelli del su' asinello. Fu così indiscreto che ne lasciò un cesto solo, che era grossissimo; e costì se ne fuggì, al mercato, a vendere l'insalata, e ne ricattò bona moneta.
Con questa moneta vissero più di una settimana; finito il danaro, il padre ripetè alle figlie ciò che gli aveva detto pochi giorni avanti. Loro rispondendogli che avrebbero pensato, avrebbero fatto, ma per quel giorno bisognava provvedere; e tanto dissero e tanto fecero che il povero padre lo costrinsero a ritornare a prendere anche il cesto lasciato.
Il padre vi andò con malincuore. Arrivato al giardino, trovò ancora il cancello aperto; tutto pauroso vi entrò, e non vedendo nessuno, andiede a cogliere il cesto della insalata. Ma questo aveva sì forti radici, che per svellerlo dalla terra, bisognò che adoprasse molta forza, e cedendo, il vecchio battiede una solenne culata, e gridò: Oimè! Quando ad un tratto da una finestra sente una voce: - " Chi è che mi chiama? ".
Il contadino tutto spaventato si rivoltò, e vedendo un signore, gli disse: - " lo no, non vi ho chiamato ". " Sì, mi hai chiamato; e così ora ho capito chi è stato il ladro della mi' insalata ".
Il vecchio si gettò in ginocchioni chiedendogli perdono, e dicendogli che era un povero padre, che doveva sostentare tre figlie, e che la miseria l'aveva ridotto a questo. Allora quel signore gli disse: - " Hai tu figlie? " e gettandogli una borsa di danaro, gli disse: - " Vai a casa, fai ripulire le tue figlie, nutriscile, dímmi dove tu stai, e fra otto giorni verrò a vederti ".
Il contadino tutto contento gli insegnò la su' casa, e ringraziandolo, tutto felice se ne tornò a casa sua, raccontando alle figlie l'accaduto.
La minore delle tre figliole era molto bella, e l'altre due capiron o che a quel signore la gli sarebbe piaciuta, e rimproverano il padre di aver detto che aveva tre figlie.
-" Ma è cosa da rimediarci dissero, perchè a lei la rinchiuderemo in una soffitta, e ci faremo vedere noi due sole, e a quel signore gli direte che avete sbagliato a dirgli che avete tre figlie, ma che eravate tre in famiglia ".
E così fu fatto.
Venuto il giorno che doveva presentarsi questo signore, le du' cattive ragazze si acconciarono nella più bella maníera. Arrivato il signore, guardò le du' ragazze, ma nè l'una nè l'altra gli piacque; sicchè dice al padre: - " Mi avevi detto che avevi tre figlie, e queste son due ".
-" Avete ragione: 'ma mi sono sbagliato; volevo dirvi che eramo tre in famiglia ".
Ma in questo mentre una voce lontana grida: - " Ci sono ancor io! " e il signore obbligò il padre a fargli vedere quell'altra figliola. La vidde e la gli piacque tanto; e senza fare altri discorsi, la prese e disse: - " Questa sarà la mi' sposa ".
Le altre sorelle rimasero svergognate e piene di ira (carogne , .'un eran altro!). Oimè la condusse nella sua villa, la fece tutta ben vestire, e poi le fece girare tutto il palazzo, e gli disse: - " Qui tu siei la padrona, meno che non andrai mai in questa porta; anche se tu volessi, non potresti, perchè la chiave l'ho io al collo ". E lei: - " Ci ho tanto da vedere e girare, che non mi importa nulla di sapere cosa si racchiude là dentro ".
Costì vissero felici, e lo sposo era molto contento che era presso ad avere un figliolo.
Un giorno gli dissero a questa ragazza che c'erano le su' sorelle, che erano venute a visitarla. Ella le accolse di
bon core, e dopo averle fatto molte feste le condusse a girare il su' palazzo.
Le curiose volevano vedere cosa ci era anche in questa porta. - " Oh! che ci vol'esser là dentro? "
-" Questo non lo so neppur io, perchè mio marito non vole ".
" Vol dire che tuo marito non t'ama> perchè ha dei segreti, con te. Noi poi vorrebbimo vedere cosa c'è là dentro ".
" 'Un me ne importa; e poi se ancora lo volessi, non potrei farlo, perchè la chiave la tiene al collo lui ".
-" Ehi! come siei citrulla! Quando lui dorme, prendigli la chiave, e vai a veder cosa c'è ".
- " No, no, non lo farò mai! "
Ma partite le sorelle, gliene venne la voglia, e la sera quando il marito dormiva, tagliò il cordoncino dove vi stava appesa una chiavetta d'oro, e con un lume in mano, con la camicia da notte, si avviò alla porta. L'aperse, e rimase stupida nel vedere un lunghissimo corridoio tutto illuminato, dove c'erano, di qua e di là, tante donne che lavoravano un corredo per un bambino di nascita, ma così bello che vi erano fino de' ricami d'oro.
Si accosta a una di codeste donne, e gli domanda:
" Per chi lavorate? " - " Per il figliolo del re che ha a nascere "; e giù a tutte le donne fece la stessa domanda, e tutte gli dissero la medesima cosa.
In fondo al corridoio c'era una vecchina che filava, e a questa vecchina gli disse: "E te per chi fili, bona vecchia? "
La vecchia gli rispose: " Per te ingrata! " - e gli diede una forte spinta, che la meschina si ritrovò sola, al buio, in mezzo a un bosco. Dalla forte scossa gli vennero i dolori del parto, e le si mise a piangere e maledire il momento che aveva sentito le sorelle. Si mise a guardare
di qua e di là, se potesse distinguere qualche foco acceso. Lontano, lontano, gli parve di vedere un chiarore, e cammina, cammina, giunse rifìnita e coi dolori che la tormentavano. Là giunta, vidde una bellissima villa, e c'erano soldati che la guardavano. La poverina chiese un po' di alloggio per quella notte, dicendo che aveva smarrito la strada; loro passarono l'imbasciata alla regina, perchè la padrona di codesta villa era una regina.
Vennero du' damigelle di servizio, e la fecero passare in un quartierino tanto bellino che 'un'era mai visto l'eguale; mandarono avvertire il medico e la levatrice; e appena giunti, la poverina fece un bellissimo maschio. La regina, tutta felice, volle andare a vederlo e si offrì di farle da comare a questa donnina.
La notte dopo la regina diede ordine che du' damigelle gli facessero nottata nella stanza accanto a questa donna. A mezzanotte le du' donzelle se ne stavano sonnacchiose; víddero entrare un bellissimo giovane tenendo in mano una campana di oro, e diceva:
Campana d'oro, stoppino d'argento,
Dov'è la mi' bella, dov'è il mi' contento?
E la campana gli rispondeva:
Passa passa, e vai in bon'ora, E' nel letto, e dorme ancora, Con il su' bambino accanto Che non s'è destato ancora.
Entrò questo giovane, e prendendo nelle braccia il bambino, gli cantava la nanna:
" Fai la nanna, gioia mia!
Se la nonna ti conoscesse
In fasce d'oro te fasceria.
Fai la nanna, gioia mia!
Se li galli non cantassero, Le campane non sonassero,
Che fortuna sarebbe la mia! Fa' la nanna, gioia mia! "
E dopo un par d'ore, si alzava per andarsene, e ripassava accanto alle du' donzelle che in quel momento 'un sapevano più moversi nè parlare.
Appena sparito, le du' donzelle dicevano: " Ma hai veduto? Hai sentito? " l'una all'altra. - " Sì, risponde quell'altra. Mi par mill'anni che sia giorno chiaro per raccontar tutto alla regina ". E la mattina lo raccontarono alla regina, ma la 'un voleva crederlo, dicendogli: - " Avrete sognato ".
-" No, no, Maestà, non si è sognato; e poi dovevamo sognare tutte e due compagne? "
Questa regina decise la notte dopo di starci lei a vegliare. Alla solita ora comparve il giovane della campana d'oro, e alla regina gli pareva di trovarci somiglianza con il su' piccolo figlio; ma siccome ella ne aveva il ritratto, pensò bene di passarvi anche la notte appresso portando il piccolo ritratto.
Per tornare un passo indietro la regina aveva la virtù d'un poter perdere la parola; sicchè quando ebbe riconosciuto che quello doveva essere il su' figliolo, lo trattenne per un braccio, sino che non sonarono i matutini, e al sono di questa si rompeva l'incantesimo che già era stato fatto da quella vecchia che non gli avea voluto dare la limosina.
Sonarono le campane, e il giovane voleva fuggire, ma la regina lo trattenne, dicendo: - " No, tu siei mio figlio! " e lui rispose: - " Sì, voi siete mia madre "; e gettandole le braccia al collo si strinsero l'uno e l'altro. Pieni di contentezza aspettarono che facesse giorno ed entrarono nella
camera della partoriente, e le raccontarono che essa era moglie del re, e che la regina era sua suocera.
Lascio considerar la sorpresa di quella giovinetta, e la felicità. Furono fatte grandi feste per il ritrovamento del figlio e del nipote:
se ne vissero e se ne godettero
a me nulla mi dettero.
Siena
Varianti e Riscontri
Questa novella ci richiama a tre motivi principali, oltre vari altri, come l'aneddoto della vecchia in principio:
l' Il padre che va a raccogliere erbe, e nel tirare un cesto incantato, che gli vien fuori un signore, a cui il pover'uomo promette una figliola; e questa finalmente è la terza. Per siffatto motivo si cfr. Capo di becco, novellina toscana nell'Arcbivio delle trad. pop., vol. I, p. 37, la Barbuta e il Maccbiaiolo di Pisa, nn. III e XXXVIII delle Novelline pop. ital. del ComPARETTI; La Manetta di morto, n. XLIV delle Sessanta nov. montal. del NERUCCI; La bella manducke, n. 1 delle Nov. abr. del FINAMORE; La figlia di S. Andrea degli Usi e Costumi abruzzesi del DE NINO, p. 248; la 39' delle Fiabe mantovane del VICENTINI; la Novellina pop. (greca) di Roccalorte in Calabría, nella Calabria, an. Il, n. 10: Lu scavu di Palermo e le altre 'novelle indicate a pp. 180-182 delle mie Fiabe, Nov.
·Racconti.
2- La sparizione della ragazza, la quale ha disubbidito agli ordini del marito aprendo una porta che non doveva; ond'ella si trova sola e abbandonata in un bosco poi viene ospitata per carità in un palazzo reale, e vi sgrava. Su di che cfr. Serpentino di Pratovecchio, n. IV delle Novelline pop. tosc. da me pubblicate in Palermo, per nozze Imbriani-Rosnati: Der Selleri, n. 30 dei Márcben dello SCHNELLER; El re Bufon, n. XVIII delle Fiabe veneziane del BERNONI; Ombrion, n. IV della Novellaia milan. dell'IMBRIANI, e a p. 327 della Novellaia fiorentina, 2' ediz., dello stesso; Il cavolo d'oro, n. XIII delle Fiabe abr. del DE N1NO; U rre puorcu di Benevento, de' Componenti minori del CORAZZINI, p. 429; Ob la viola! della Basilicata, del COMPARETTI, n. XLVIII; Il re Sonno, novellina pop. romana di miss R. H. BUSK nell'Arcbivio cit., v. IV, pag. 489; la novella calabrese di Cosenza della Zoological Mytbology del DE GUBERNATIS, Il, 286-87; Die Geschicbte von Principe Scursuni, n. 43 de' Sicil. Márchen della GONZENBACH e Lu re d'animmuru di Salaparuta, iì. XXXII delle cit. mie Fiabe. Per altri riscontri parziali veggagí a p. 16 delle mie Novelline pop. toscane, e le indicazioni ivi date.
3' Il motivo della lampada fatata e il dialogo. Vedi, oltre La soru di lu conti di Borgetto, n. VII delle Fiabe siciliane, Donna Peppina di Catania nel COMPARETTI, n. LII; 'A rumanza d' 'a scala 'e sita di Rogiano-Gravina (prov. di Cosenza in Calabria) di V. CARAVELLI, nel Giambattista Basile di Napoli, an. Il, n. 12, pp. 93-94; La sòre de lu Cònde, n. XXXV del FINAMORE; Figlio di conte e cognato di re, n. LVIII del DE NINO; El fiio de' Re delle Novelline e Canti pop. delle Marche del GARGIOLLI.
indice
HOME